Le Leguminose in Omeopatia

Clinica e Materia Medica

Le Leguminose in Omeopatia  Giacomo Merialdo   Salus Infirmorum

Descrizione

Lo studio della Materia Medica per temi è un metodo di studio che ha avuto un notevole impatto negli ultimi decenni, soprattutto grazie ai lavori del Dr. Sankaran e del Dr. Scholten. Questo testo del Dr. Giacomo Merialdo segue questo approccio omeopatico, approfondendo una famiglia del regno vegetale, le Leguminose.

Ogni rimedio trattato dall'Autore è frutto della sua esperienza clinica personale di oltre trentasei anni di studio e pratica omeopatica, così come i casi clinici presenti (uno per rimedio) sono suoi o di qualche fidato collega. Ciò che ne risulta è un lavoro di grande onestà intellettuale, che ha portato all'esclusione per esempio di Glycyrrhiza glabra o Mimosa pudica, rimedi che il Dr. Merialdo non ha potuto personalmente osservare, evitando quindi elucubrazioni teoriche a favore della “verità” della clinica.

Il valore del testo, oltre che per la preziosa parte di Materia Medica dei rimedi trattati, risiede anche nella metodologia di studio che il Dr. Merialdo ha applicato, intesa prima di tutto a valutare i grandi temi di ogni famiglia per poi approfondire quelli di un singolo rimedio. Infatti, leggendo i casi clinici qui riportati, l'Autore ragiona principalmente per temi e non solo secondo i sintomi, ipotizzando quindi di conseguenza la famiglia di appartenenza.

Perché proprio le Leguminose? In primo luogo perché sono rimedi poco sperimentati (alcuni addirittura senza alcun proving) e poco prescritti, ma che possiedono una grande potenzialità terapeutica, considerato anche il fatto che molte piante del gruppo sono tossiche. In più, sono molto coerenti fra loro, avendo tutti una componente chimica comune, l'azoto, che in misura più o meno rilevante condiziona la loro struttura biologica e il loro comportamento.

Questo libro è quindi utile a tutti coloro che desiderano ampliare la loro conoscenza della Materia Medica dei rimedi vegetali, così come apprendere o approfondire una metodologia di studio basata sull'analisi dei temi delle diverse famiglie vegetali.

Indice del libro

Prefazione del Dr. Tonello
Prefazione del Dr. Petrucci
Ringraziamenti
Presentazione dell'Autore
Introduzione

PARTE I - ELEMENTI DI BOTANICA, TOSSICOLOGIA E MITOLOGIA
Capitolo 1 - ELEMENTI DI BOTANICA
1.1 - TASSONOMIA
1.2 - MORFOLOGIA
1.3 - COMPOSIZIONE
A - Azoto 
B - Tannino 
C - Resine e balsami 
D - Mucillagini e gomme
E - Sostanze tossiche e veleni
F - Amminoacidi e vitamine
1.4 - HABITAT E DISTRIBUZIONE
1.5 - COMPORTAMENTO
1.6 - INTERESSE ECONOMICO
1.7 - INTERESSE ORNAMENTALE
1.8 - INTERESSE ALIMENTARE
1.9 - INTERESSE ENERGETICO

Capitolo 2 - ELEMENTI DI TOSSICOLOGIA

Capitolo 3 - USO IN MEDICINA POPOLARE E TRADIZIONALE

PARTE II - STUDIO OMEOPATICO DELLE LEGUMINOSE

Capitolo 4 - RIMEDI OMEOPATICI PIÙ CONOSCIUTI E LORO ABBREVIAZIONI

Capitolo 5 - TEMI EVIDENZIATI NELLA FAMIGLIA OMEOPATICA DELLE LEGUMINOSAE
5.1 - TEMI GENERALI
5.2 - SINTOMI LOCALI

PARTE III - MATERIA MEDICA E CASI CLINICI

Capitolo 6 - BAPTISIA TINCTORIA
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 7 - COPAIVA
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 8 - CYTISUS LABURNUM
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 9 - DERRIS PINNATA
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 10 - DOLICHOS PRURIENS
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 11 - INDIGO TINCTORIA (INDIGOFERA TINCTORIA L.)
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 12 - LATHYRUS SATIVUS
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 13 - MELILOTUS OFFICINALIS
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 14 - PHASEOLUS NANUS
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 15 - PHYSOSTIGMA VENENOSUM
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 16 - RATANHIA PERUVIANA (KRAMERIA TRIANDRA)
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 17 - ROBINIA PSEUDACACIA
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 18 - SAROTHAMNUS SCOPARIUS (CYTISUS SCOPARIUS)
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

Capitolo 19 - TRIFOLIUM PRATENSE
Temi - Tropismo Fisico - Caso Clinico

PARTE IV - DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Capitolo 20 - DIAGNOSI DIFFERENZIALE FRA FAMIGLIE O GRUPPI DI RIMEDI
20.1 - NITRICUM
20.2 - LAC
20.3 - SERPENTES
20.4 - ZINCUM
20.5 - CUCURBITACEAE
20.6 - EUPHORBIACEAE
20.7 - CAPRIFOLIACEAE
20.8 - FUNGI

Capitolo 21 - ALTRI GRUPPI DI RIMEDI O RIMEDI SINGOLI
Bibliografia generale 
Bibliografia omeopatica

Prefazione del Dr. Tonello

In direzione ostinata e contraria è il titolo dell'ultimo lavoro, raccolta postuma, di Fabrizio De André, ed è con questa nota campanilistica (e un po' ruffiana!) che voglio intitolare la prefazione a questo ottimo lavoro del mio amico Giacomo ‘Mino' Merialdo. Per chiarire meglio, In direzione ostinata e contraria potrebbe essere la sintesi della vita di Cristiano Samuele Hahnemann, un testone di tedesco (Sassone per la precisione) che tra il 1700 e 1800 decise, per insoddisfazione rispetto al paradigma scientifico medico e non solo, di sovvertire le norme e regole del sistema accademico nel campo della Medicina Umana e riappropriarsi di quanto un altro geniale uomo di Medicina e Scienza, Ippocrate, già nel quarto secolo prima di Cristo aveva affermato e scritto con una modernità sconvolgente: non esiste un sistema unico di diagnosi e terapia, ma a seconda della situazione individuale il Medico può e deve decidere di utilizzare il metodo e gli strumenti più adatti, nel solo e unico interesse e obiettivo possibile, scevro da interessi commerciali, politici, pregiudiziali: il benessere e la salute del paziente.

In direzione ostinata e contraria potrebbe adattarsi anche alle decisioni professionali e di vita di Mino, che stanco di un sistema medico complessivamente insoddisfacente nel 1980 decise di allargare la propria “mappa del mondo” attraverso letture di discipline che allora, con un termine brutto, insufficiente e desueto venivano denominate con disprezzo oppure orgoglio (a seconda delle posizioni culturali e politiche) “Medicine Alternative”.

Fu a seguito di queste letture e alla voglia di allargare il campo delle conoscenze che decise di frequentare un corso di Medicina Omeopatica organizzato allora a Milano da un'azienda ed istituzione storica nel campo dell' Omeopatia Italiana, la IMO (Istituto di Medicina Omeopatica), guidata allora dal suo fondatore Giancarlo Dal Verme, grande propulsore ed appassionato cultore del pensiero, della cultura e delle scuole di formazione nonché zio dei conti Corradi Dell'Acqua, che hanno continuato e continuano la sua opera. Il docente era un giovanissimo Carlo Cenerelli e fu proprio lì che ci presentarono, due giovani genovesi con grande voglia di uscire dagli schemi rigidi accademici e con grande curiosità (e anche grandissimo scetticismo iniziale, come è naturale che sia); da quel momento iniziammo a scambiarci pareri ed informazioni con grande voglia di condivisione e amicizia. Al termine di quel corso iniziale fummo invitati a partecipare a un gruppo di studio che si riuniva mensilmente, dove incontrammo altri medici appassionati di conoscenza e insieme fondammo il gruppo Omeopatico Dulcamara.

Era un'epoca in cui non si erano ancora affacciati informatica e computer, che avrebbero dato alla Medicina Omeopatica una formidabile spinta di rinnovamento, ma fin dall'inizio Mino manifestò le sue caratteristiche ed i suoi obiettivi: quelli di uscire da una visione “magica” e riservata a pochi eletti, che aveva confinato questa disciplina a un ristretta cerchia di cultori aventiniani, spesso gelosi del proprio sapere… Nel frattempo erano nati altri centri di cultura e formazione che organizzavano seminari con docenti italiani, ma soprattutto stranieri che un po' tutti i “Dulcamarini”, Mino in primis, iniziammo a frequentare; la faceva da padrone la Medicina Omeopatica di scuola Argentina e Messicana, con docenti del calibro di Paschero, Ortega, Candegabe e Masi Elizalde.
Purtroppo, come spesso succede nelle vicende umane dallo sport alla politica alla cultura, spesso prevalgono aspetti spiacevoli, che finiscono per ridurre gli aspetti singolari e innovativi di personaggi corretti e di grande spessore a meri interessi di bottega, con una conflittualità che svilisce i principi stessi ed i compiti che il buon Hahnemann aveva indicato chiaramente; anche l'Omeopatia (purtroppo) ne ha fatto le spese a lungo. Un'altra azienda storica della Medicina Omeopatica Italiana, la OMIT, organizzò nei primi anni ottanta un corso triennale internazionale tenuto proprio da Alfonso Masi Elizalde e decidemmo di parteciparvi in gruppo, apprezzando in maniera sempre maggiore il rigore di studio che applicava e richiedeva agli allievi e la sua dinamica di esegesi, che univa aspetti simbolici e metaforici alla disamina di teoria, tecnica e casi clinici.

Furono anni di entusiasmo, studio, applicazione, ma ahimè anche di frustrazioni e delusioni: spesso, nonostante l'applicazione rigorosa di aspetti teorici, di conoscenza della Materia Medica Omeopatica e di intensa consultazione dei Repertori, non si ottenevano le risposte attese: sembrava proprio che gli strumenti a nostra disposizione fossero insufficienti, i rimedi che conoscevamo ed utilizzavamo erano troppo pochi, i soliti policresti… Era un problema sentito da altri omeopati anche in Italia e uno di questi, un giovane che si chiamava Massimo Mangialavori, aveva idee originali su come studiare i rimedi e come valorizzare i cosiddetti “piccoli rimedi”… Seguirono anni di profondo rinnovamento e fermento, favoriti anche dall'introduzione di programmi informatici creati appositamente, e Mino si applicò col solito intenso impegno e rigore alla ricerca ed allo studio, in particolare di tematiche e “famiglie” di rimedi botanici, animali e minerali, lasciando la Scuola Dulcamara ed inaugurando la stagione didattica della scuola Kaos.

Ho sempre profondamente ammirato la tenacia progettuale e l'onestà culturale di Mino, che giustamente ha sempre dichiarato di non volere insegnare rimedi di cui non ha un'esperienza clinica personale; insomma, non chiacchiere teoriche senza evidenze cliniche. Dopo un lungo periodo di allontanamento, legato anche a diversi percorsi didattici ed esperienziali, è stato davvero bello e confortante ritrovarsi e confrontare le esperienze didattiche, professionali, umane e vedere che il linguaggio comune può favorire ulteriori percorsi condivisi, anzi allargati ai colleghi ed amici della Scuola di Omeopatia di Genova (da Enza Rosaspini a Barbara Rigamonti, Claudio Mangini, Eugenia Volonterio e via via tutti gli altri...) e all'amico Roberto Petrucci ormai “genovesizzato”.
Questo libro è la prova evidente di quanto sia possibile sistematizzare e mettere in pratica con metodo scientifico lo studio dei principi attivi delle leguminose così come la loro utilizzazione terapeutica e testimonia di come possa essere applicato in modo ottimale all'universo delle sostanze che si possono utilizzare come rimedi e medicinali nel campo della Medicina Omeopatica.

In genere si scrivono prefazioni per libri di colleghi stimati o di amici cari, nel caso di Mino coincidono entrambe queste caratteristiche. Spero di poter leggere e utilizzare altri libri così utili e originali, caro Mino, e scrivere molte altre prefazioni!

Prefazione del Dr. Petrucci

Sono onorato di poter scriver la prefazione di questo libro, sia per il contenuto che per l'autore.

Vorrei iniziare dall'autore, ma come si dice: dulcis in fundo… Non perché il contenuto sia meno importante dell'autore, ma semplicemente perché c'è un rapporto di amicizia diverso!
Devo confessare che con le Leguminosae fino ad ora il rapporto è stato di semplici conoscenti. Non è certo la mia famiglia preferita, nel senso che la mia conoscenza è sicuramente più estesa per altri gruppi di rimedi e questo ha reso ancor più interessante e utile la lettura di questo testo.

Ormai da anni abbiamo imparato a studiare i rimedi in maniera diversa rispetto al passato, quando spesso ci limitavamo a un elenco di sintomi non particolarmente legati tra loro, né con i sintomi degli altri rimedi. Lo studio per temi e concetti e per famiglie ci ha proiettati davvero in un'altra dimensione e la comprensione delle sostanze è di conseguenza cambiata in modo significativo.
Anni fa non pensavamo assolutamente che botanica, tossicologia, morfologia, ecosistemi, comportamento e addirittura la mitologia potessero avere seriamente a che fare con l'Omeopatia (a dire il vero molti lo pensano ancora adesso…). Ora consideriamo livelli di similitudine diversi rispetto a quelli della sperimentazione omeopatica che, pur avendo una certa importanza, non può secondo me rappresentare l'unico livello di applicazione della Legge dei simili.

Inoltre le strategie di presa e analisi del caso sono molto cambiate e oggi possiamo fare suddivisioni interessanti che non si basano più soltanto sui miasmi, ma anche sul regno di appartenenza, sull'ecosistema e su livelli inferiori come le famiglie botaniche, se consideriamo il regno vegetale.

L'analisi mentale ed emozionale dei pazienti spesso fa emergere non solo il singolo sintomo ma una o più tematiche che possono indicare alcuni gruppi di rimedi.

Se pensiamo ad esempio alle Leguminosae e alla loro tematica principale della frammentazione, potremo metterle in diagnosi differenziale con i Rapaci; saranno poi altri concetti che potranno differenziare un gruppo vegetale da un gruppo animale, o alcuni sintomi specifici che potranno indirizzarci verso la prescrizione più adatta.

Insomma, io credo che più strumenti abbiamo a disposizione e più aumentano le probabilità di scegliere il rimedio adatto per i nostri pazienti; a loro non interessa se i metodi siano nuovi o vecchi, a loro interessa soltanto ricevere il rimedio giusto!
E ora l'autore: Mino.

Ci conosciamo da tanti anni ed ho sempre avuto verso di lui un timoroso rispetto; avevo la sensazione, conoscendolo superficialmente, che fosse un po' burbero. Negli ultimi cinque anni, cioè da quando mi sono trasferito a vivere sul Mar Ligure, ho cominciato a frequentare Mino ed ho avuto modo di conoscerlo davvero. Ho scoperto prima di tutto un amico, quello che si definisce una ‘brava persona' e poi un medico che ha voglia di mettersi in discussione e di imparare.

Ci siamo così trovati in tre (a me e Mino va aggiunto un altro caro amico, Flavio Tonello) ad avere voglia di ascoltare qualcun altro e soprattutto a condividere nel vero senso della parola e non nell'accezione moderna, tipo Facebook. Questa condivisione di conoscenza e di esperienza è la cosa più bella che ho provato negli ultimi anni di lavoro; è una condivisione importante, perché negli ultimi dieci anni questa era avvenuta fondamentalmente nel nostro gruppo di lavoro di Milano e di Catania, soprattutto con Alessandro Avolio, ma qui è la condivisione di persone con radici diverse ma emozioni comuni!

Alla fine posso solo dire che in un libro, dove frammentazione è la parola chiave, mi trovo a parlare di fusione di culture ed emozioni, con un risultato esattamente opposto alla frammentazione.
Grazie Mino per questo bellissimo libro e grazie per quello che stiamo vivendo insieme!

Introduzione del Dr. Merialdo

Sono sempre stato goloso di fagioli, piselli, fave e ceci, cucinati in tutti i modi, da un bel piatto di pasta e legumi ai fagioli neri alla messicana e alla farinata ligure di ceci. Naturalmente, come tutti, ne ho sperimentato gli inconvenienti digestivi, fastidi che d'altra parte non hanno mai smorzato il mio apprezzamento per essi.

Proprio in considerazione di questi medesimi ‘effetti indesiderati' molto simili fra loro e presenti in ogni legume commestibile, iniziai molti anni fa a interessarmene anche dal punto di vista omeopatico. Erano gli anni Novanta e cominciai ad approfondire lo studio dei rimedi per ‘famiglie', seguendo i primi pionieri quali Massimo Mangialavori, in primo luogo, e anche Jan Scholten. Iniziai a seguire questa metodologia sia nello studio che nella clinica, con sempre maggiori soddisfazioni. Mi misi anche a studiare ex novo alcune famiglie botaniche e man mano che ne ampliavo la conoscenza avvertivo in me sempre più entusiasmo e sentivo di aver finalmente trovato un bandolo nella matassa apparentemente ingarbugliata che è la nostra Materia Medica Omeopatica.

Non ho mai ritenuto di poter esercitare una buona Omeopatia tenendo in considerazione solo venti o trenta rimedi e questa è sempre stata la mia principale preoccupazione fin dall'origine della mia formazione omeopatica. D'altra parte, la frustrazione che provavo nel districarmi tra l'enorme quantità dei sintomi e il grande numero di rimedi presenti in letteratura mi aveva portato a uno stato di sconforto, nonostante mi fossi munito di uno dei primi programmi informatici omeopatici. Non esisteva ancora Internet e rilevavo una grande difficoltà nel reperire casi clinici cronici curati con successo, ragione per cui mi risultava difficile comparare lo studio teorico con il risultato concreto. Ciò che mi interessava maggiormente di ogni rimedio erano i temi che potevano emergere solo dalla pratica clinica quotidiana, con le loro reali modalità, caratteri e intensità.

Sul finire degli anni Ottanta organizzai con amici omeopati un gruppo di studio sui sali di potassio, i Kalium. La ricerca si prolungò per oltre due anni e fu basata fondamentalmente, secondo la metodologia Masiana, su tutte le fonti omeopatiche allora disponibili, in primis le grandi Materie Mediche di T.F. Allen, C. Hering e J.H. Clarke e poi tutte le altre, appartenenti a decine e decine di autori, aggiungendo ovviamente il Repertorio. Non consultammo alcun testo di Chimica, di Biochimica, di Farmacologia, di Mineralogia o di Tossicologia, così che ci fu oscuro o quasi il ruolo che questa sostanza esplica nell'organismo, se non per sommi capi. Non valutammo il ruolo che questo minerale e i suoi sali hanno occupato nell'uso medicinale nei secoli, tantomeno tenemmo conto del suo simbolismo. Ma soprattutto eravamo privi di casi clinici cronici, di verifiche pratiche esemplificative dell'azione di questi rimedi nelle persone. Tutto lo studio era concepito e sviluppato a livello puramente teorico, utilizzando solo le pure fonti strettamente omeopatiche.

Ricordo mille riunioni e lunghe sessioni di studio e avverto ancora vivamente la delusione che provammo alla stesura della sintesi conclusiva di ogni rimedio, poiché questa occupava solo una paginetta o due, in cui ipotizzavamo teoriche dinamiche mentali presupponendo il possibile tropismo fisico. La montagna di lavoro che affrontammo (i sali di potassio sono tanti, sia in natura sia nella letteratura omeopatica) portò proverbialmente a partorire un topolino: questa fu la metafora alla quale ricorremmo a conclusione del lungo studio, il quale ovviamente fu poi scarsamente utilizzato poiché era di difficile lettura persino ai nostri occhi e di scarsa applicazione pratica.

Ciò nonostante, questo studio consolidò il nostro piacere per la ricerca e ci dette la possibilità di intravedere alcune dinamiche comuni in un certo gruppo coerente di rimedi e questo è rimasto per me il primo approccio allo studio per famiglie.

In più, prendemmo coscienza del reale valore della letteratura omeopatica in nostro possesso. Sono sempre stato malato di bibliofilia, quindi già a quel tempo vantavo una ricca collezione di testi omeopatici che andavano dalle Materie Mediche di tutti i tipi alle opere di Terapeutica Omeopatica, una raccolta personale ampliata da quella altrettanto numerosa di amici e colleghi. Potemmo così insieme verificare quanti autori si fossero copiati l'un l'altro nei decenni ripetendo, spesso con le medesime parole, i medesimi sintomi e concetti. Era molto facile verificare che la Materia Medica stilata da X non era che una ricopiatura e magari una sintesi di quella di Y, scritta magari due decenni prima, la quale a sua volta si era basata su quella di W, editata precedentemente. Poche novità si evidenziavano, in genere riferentesi a qualche nuovo proving o osservazione clinica, per lo più relativa a stati acuti.

Solo in questi ultimi tre decenni, a mio avviso, sono state pubblicate diverse opere davvero innovative che ampliano la comprensione dei rimedi e che si basano su nuove sperimentazioni, sull'esperienza clinica e su questa nuova metodologia, ovvero lo studio per famiglie.

Al momento attuale, al fine di acquisire la conoscenza di un rimedio o di un gruppo di rimedi assumo un atteggiamento piuttosto pragmatico, studiando anzitutto la sostanza allo stato fisico: di cosa si tratta, da cosa è composta, quali relazioni ha con l'esterno, è tossica o meno, qual è il suo eventuale utilizzo, ecc.

Poi valuto il proving, quando esiste, e quindi la casistica clinica. Mi rendo conto di non poter ben comprendere l'azione di un rimedio se non ho il supporto pratico di qualche caso ben curato, meglio ancora se osservato personalmente in qualche mio paziente. Partendo da queste basi e aggiungendo le informazioni presenti nella letteratura omeopatica, posso infine aspirare a comprendere l'essenza stessa e la dinamica del rimedio, da cui valuto quanto possa collimare con quella di altri rimedi facenti parte della stessa famiglia o gruppo, fino a intravedere in quest'ultimo diversi temi e modalità comuni.

Al termine rimango sempre piacevolmente meravigliato nel rendermi conto che tutto questo studio porta sempre a un risultato armonico e coerente.

Dal punto di vista didattico, tanto nella scuola omeopatica che nei seminari, da oltre vent'anni mi rifiuto di inserire nel mio insegnamento rimedi di cui non ho esperienza clinica diretta. Non posso trasmettere qualcosa che non conosco nella pratica e di cui ho solo una conoscenza teorica, non avendola mai potuta verificare personalmente: cadrei nello stesso schema di molti autori del passato che si copiavano l'un l'altro e descrivevano sostanze senza averle mai prescritte con successo. In questo caso posso solo citare le fonti e invitare coloro che lo desiderano a consultarle.

Questo è il motivo per cui in questo libro non descrivo rimedi di Leguminosae di cui non ho conoscenza clinica, quali Glycyrrhiza glabra o Mimosa pudica: gradirei molto averli potuto osservare, ma al momento attuale non è così. Espongo quindi solo rimedi appartenenti al mio patrimonio clinico: dopo trentasei anni di studio e pratica omeopatica sono veramente stufo di ipotesi teoriche o ricopiature.

Per ogni rimedio aggiungo un caso clinico esplicativo, con l'eccezione di Melilotus officinalis di cui ne ho descritti due per meglio sottolineare la profonda ambivalenza di questo rimedio.

Il percorso di studio della Materia Medica per famiglie è veramente affascinante e l'interesse aumenta sia durante il lavoro di ricerca, in cui si organizzano tutte le informazioni raccolte, generali, cliniche e sperimentali, sia nel processo di sintesi, quando si riconoscono i temi e i tropismi d'organo in comune.

Seguendo questa metodologia, intesa a valutare anzitutto i grandi temi di ogni famiglia per poi approfondire quelli di ogni singolo rimedio, l'obiettivo pratico è a mio avviso fondamentale e il Lettore lo potrà verificare durante la lettura di alcuni casi qui selezionati. In essi ho ragionato per temi e non solo per sintomi, ipotizzando anzitutto la famiglia di riferimento.

In questo modo e con l'aiuto del programma informatico che mi ha mostrato nella repertorizzazione solo i rimedi relativi alla famiglia da me prescelta, ho potuto prescriverne con successo alcuni di cui conoscevo poco o nulla, come Indigo tinctoria e Trifolium pratense, tanto per fare qualche esempio. In altri casi la prescrizione ha riguardato rimedi addirittura mai sottoposti ad alcun proving, quali Derris pinnata e Lathyrus.

Molti miei Colleghi e amici, insegnanti e non della Scuola Omeopatica di Genova, seguono la medesima strategia prescrittiva con gli stessi confortanti risultati.

Come si può prescrivere un rimedio mai sperimentato, hanno osservato alcuni colleghi arricciando il naso?

Io credo che purtroppo non abbiamo il potere dell'onniscienza e non possiamo sperimentare tutto. Invito il Lettore a verificare quante sono le Leguminosae attualmente riconosciute dal mondo botanico: solo le specie sono 12.000, per non parlare delle piante singole! E non è una eccezione, dato che tra le altre grandi famiglie botaniche rientrano sicuramente Compositae, Graminaceae, Labiatae, Liliaceae, Ranuncolaceae e Solanaceae. Senza considerare poi tutto il mondo minerale e animale: quanti sono i rimedi provenienti dagli insetti che utilizziamo in Omeopatia? Solo poche unità rispetto alla marea vivente!

In più, anche nella nostra farmacopea omeopatica sono presenti molti rimedi non sperimentati o provati solo malamente e parzialmente, con un protocollo dal valore nullo o quasi: è questa infatti la situazione in cui incontriamo la maggior parte dei rimedi delle Leguminosae, ma naturalmente non sono gli unici. Che possiamo fare? Li ignoriamo eliminandoli dalla Materia Medica in attesa di nuovi e corretti proving da effettuarsi in un futuro più o meno lontano? Oppure proviamo a prescriverli ugualmente sulla base dei temi generali della famiglia e sul loro tropismo d'organo, riconosciuto dalle scarne informazioni omeopatiche o dalla fitoterapia, se questo è tutto ciò che possediamo?

Infatti, ho sentito affermare da alcuni colleghi omeopati, che si professano ortodossi, che alcuni dei rimedi che qui riporto non avrei mai dovuto prescriverli, poiché appunto mai sperimentati.

Ho solo due risposte: la prima, che li invita a chiedere ai pazienti stessi se la prescrizione fosse stata loro utile o meno; la seconda, che li esorta a rileggere il primo paragrafo dell'Organon, l'opera principale del nostro Maestro, che è da me ritenuto il più bello perché assolutamente pratico: “La più elevata, e al tempo stesso l'unica vocazione del medico, consiste nel restituire la salute alle persone malate, cioè nel guarire”. Con la nota a): “Il suo compito non consiste nell'inventare sistemi teorici, mescolando idee vuote ed ipotesi … ambizione, questa, che fa sprecare energie e tempo a tanti medici”.

Le ideologie non mi interessano più, tantomeno se portano a rigidità concettuali astratte. In fondo, lo studio dei Kalium, rimedi ‘rigidi' per eccellenza, mi ha abbondantemente vaccinato!

Ritorno ai fagioli e alla loro bella famigliola. Dopo aver studiato in precedenza attraverso questa nuova metodologia altri gruppi di rimedi, il mio interesse si spostò su questi proprio perché poco sperimentati, conosciuti e tantomeno prescritti. Eppure ne ero affascinato, forse ne intuivo vagamente le potenzialtà trattandosi per la maggior parte di rimedi provenienti da piante altamente tossiche. In più, erano molto coerenti fra loro, avendo tutti una componente chimica comune, l'azoto, che in misura più o meno rilevante condiziona la loro struttura biologica e il loro comportamento.

Lo studio mi richiese più di un anno e fu arricchito da successivi numerosi riscontri clinici, sia personali che provenienti da altri amici e colleghi, nei quali ripongo la massima fiducia. Naturalmente lo studio non finirà mai e sarà sempre in divenire: non vedo l'ora di prescrivere con successo nuovi rimedi di questo gruppo per poterne osservare l'aspetto clinico o di avere ulteriore conferma di rimedi già prescritti.

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