Utilizzo dell'Omeopatia nel trattamento di specie di animali salvatici

Pubblicato il 21/01/2020

Categorie: Omeopatia per Animali

Autori: Stefano Raimondi

Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista

Utilizzo dell'Omeopatia nel trattamento di specie di animali salvatici

Dopo molti anni di approccio allopatico alla fauna selvatica l'incontro con l'Omeopatia, oltre a fornire prospettive affascinanti e risultati gratificanti, laddove non era stato possibile arrivare mediante la medicina tradizionale, offre ulteriori spunti interessanti:

- la possibilità di 'usufruire' di un gran numero di pazienti su cui testare i rimedi, ammontando a più di 600 unità i ricoveri annuali nel nostro Centro;
- la possibilita' di agire su un terreno vergine, trattandosi di pazienti assolutamente privi di condizionamenti precedenti (terapie farmacologiche, vaccinazioni, etc), non essendo mai venuti a contatto con l'essere umano;
- la possibilità di misurarsi con tante specie così diverse tra loro, con peculiarità comportamentali e fisiologiche;
- soprattutto l'avifauna, essendo contraddistinta da indici metabolici elevatissimi, presenta reazioni rapidissime a seguito degli stimoli effettuati.

L'applicazione della tradizionale Omeopatia unicista in questo campo trova però, a mio parere, alcuni limiti:

- l'assoluta mancanza di qualsiasi di tipo di anamnesi prossima e remota caratterizza tutti i ricoveri delle specie selvatiche;
- il grandissimo stress cui sono sottoposti i pazienti dopo il ritrovamento, dovuto alla forzata cattività, al contatto con l'uomo, alla stabulazione in ambienti limitati per permettere le terapie, ne altera in modo pesante la reattività ed il comportamento, rendendo aleatorie molte valutazioni;
- anche nella visita vera e propria i sintomi fisici certi rilevabili su cui basare la prescrizione del rimedio, sono sovente in numero limitato, non essendo spesso possibile effettuare con le debite valutazioni molte delle manualità di cui tradizionalmente si avvale la semeiotica classica;
- la caratteristica dei ricoveri riveste nella stragrande maggioranza carattere d'urgenza, sia per le patologie motivo di ricovero (ferita d'arma da fuoco, traumatismi da autoveicoli, tralicci, intossicazioni.), sia perchè gli animali vengono rinvenuti e consegnati spesso a distanza di giorni dall'evento che ne ha causato l'inabilità, presentando uno scadimento spesso drammatico delle condizioni generali.

Quanto detto fino ad ora spiega, secondo la mia esperienza, perchè l'approccio omeopatico alla fauna selvatica nella maggioranza dei casi non possa essere quello attuato nell'uomo o, già con alcune particolarità, negli animali domestici. E' pur vero che nella prescrizione ci aiuta il fatto di doversi misurare quasi esclusivamente con patologie accidentali (traumatismi) e non con manifestazioni di malattia in stadi più profondi; inoltre il rischio di attuare soppressioni è sicuramente di poco conto. Ciò giustifica l'utilizzo di rimedi situazionali senza la mandataria, peraltro impossibile, ricerca di Simillimum costituzionali.

Il metodo seguito è pertanto quello di ragionare per classi di rimedi, facendo un'analisi repertoriale delle rubriche che più riguardano un certa patologia e valutando l'utilizzo dei rimedi che più frequentemente ricorrono; ciò ovviamente in assenza di sintomi ulteriori cui agganciarsi per attuare una prescrizione più mirata, con maggiore attinenza al singolo caso.

Posta la indubbia difficoltà nella valutazione del singolo soggetto, un'ipotesi alternativa di lavoro potrebbe essere quella di fare una ricerca per specie, nel senso di riuscire a determinare delle caratteristiche comportamentali e reattive, pur con tutti i rischi interpretativi, studiando le specie come gruppi. Per esempio: la quasi totalità degli sparvieri è caratterizzata da estrema irrequietezza, nevrilità, "angoscia", "irritabilità", richiamando il tipo Arsenicum. Oppure, ancora, si potrebbero creare classi per caratteristiche costituzionali fisiche (fosforiche, carboniche.). La mancanza di indicazioni sufficienti per la prescrizione di un rimedio con ragionevole sicurezza e la necessità di ottenere velocemente, in situazioni gravi, qualche anche parziale miglioramento, ha portato talvolta all'impiego di più rimedi, cercando tra essi un sinergismo d'azione. Ecco allora che, in mancanza di indicazioni precise maggiormente modalizzanti, (evenienza molto frequente!) si useranno di base i rimedi che più ricorrono nelle rubriche considerate inerenti la patologia.

Per esempio in corso di fratture o traumi articolari:

GENERALS - INJURIES - dislocation
GENERALS - INJURIES - sprains
GENERALS - INJURIES - Bones; fractures of
GENERALS - INJURIES - Bones; fractures of - slow repair of broken bones
GENERALS - INJURIES - Bones; fractures of - compound fracture
EXTREMITIES - FRACTURES
EXTREMITIES - SPRAINS
EXTREMITIES - DISLOCATION - Shoulder
EXTREMITIES - DISLOCATION - Ankle
GENERALS - SHOCK - injury; from - fractures; from
GENERALS - INJURIES - Periosteum, of
EXTREMITIES - INJURIES - Hand - sprain
EXTREMITIES - FRACTURES - open fractures
EXTREMITIES - FRACTURES - open fractures - suppuration; with
EXTREMITIES - SPRAINS - Ankle
GENERALS - WOUNDS - gunshot

Caso clinico n. 1

Falco Pecchiaiolo (Pernis apivorus), femmina adulta.

Il falco, rapace, diurno, migratore, proveniente dalla provincia di Lecco, fu ricoverato a fine luglio. Presentava, presumibilmente a seguito di impatto contro cavi o tralicci, frattura radio-ulnare multipla, comminuta, esposta in un punto (vedi foto). All'arrivo venne somministrata Arnica 10.000K, tre gocce, due volte al giorno, per tre giorni; in seconda giornata, dopo essere stato sottoposto ad intervento chirurgico mediante fissatori esterni, si cominciò con Symphytum e Ruta 1.000 K, tre gocce, una volta al giorno, per 15 giorni. Il paziente si riprese molto bene dal punto di vista generale superando lo shock iniziale.

Ai controlli successivi si constatò un rapido riassorbimento degli stravasi ematici e completa guarigione della ferita operatoria e del punto di esposizione del moncone, ed una precoce reazione fibrosa a livello dei focolai di frattura. La formazione di callo osseo stabile si verificò verso il quindicesimo giorno che, visto il tipo di frattura, può essere considerato un ottimo tempo. La mobilizzazione dell'arto verso il ventesimo giorno rivelò una lieve anchilosi funzionale. Contemporaneamente ad applicazione di fisioterapia passiva, si somministrarono quindi Rhus Toxicodendron 1000 K, presente in tutte le rubriche di rigidità articolare, e Bryonia 200 CH, altrettanto riscontrata e giustificata da una certa riluttanza dell' animale a muoversi.

Il falco migliorò sensibilmente e, superato un periodo di training in voliera, venne reimmesso in libertà l'8 Settembre, con perfetto tempismo per il periodo migratorio della specie!

Le rubriche repertoriali prese in esame in questo caso furono:

EXTREMITIES- FRACTURES
GENERALS- INJURIES-BONES; FRACTURES
GENERALS- INJURIES- PERIOSTEUM OF
GENERALS- SHOCK-INJURY; FROM- FRACTURES; FROM

Ed in un secondo tempo, dopo consolidamento della frattura:

EXTREMITIES- STIFFNESS- ELBOW
EXTREMITIES- STIFFNESS- FOREARM
EXTREMITIES- STIFFNESS- JOINTS
EXTREMITIES- STIFFNESS- UPPER LIMBS

Caso clinico n. 2

Allocco (Strix Aluco), adulto.

L'uccello, rapace notturno, venne ricoverato presso il CRAS in condizioni a dir poco drammatiche, a seguito di probabile impatto con autoveicolo. Presentava segni inequivocabili di trauma cranico con alterazione del sensorio, incapacità alla stazione e mancanza di equilibrio. Inoltre erano presenti lesioni oculari (ifema, alterazioni del diametro pupillare). Si cominciò a somministrare Arnica, Hypericum, Natrum sulphuricum 10.000 K, tre gocce ogni due ore, per cinque volte il primo giorno, poi due volte al giorno per dieci giorni.

La situazione migliorò sensibilmente già in seconda giornata: soggetto più reattivo e in stazione, anche se nei giorni seguenti si ipotizzò un serio deficit visivo, vista l'estrema riluttanza a muoversi e l'impatto contro le pareti quando stimolato a farlo. Dal terzo giorno venne aggiunta la somministrazione di Ledum 200 CH, tre gocce, una volta al giorno, per dieci giorni. Il soggetto manifestò una rapida quanto inattesa ripresa cominciando ad alimentarsi autonomamente, tanto che messo in voliera di maggiori dimensioni dimostrò nell'arco di quindici giorni di aver riacquisito piena padronanza del volo e della predazione. Dopo opportuno periodo di training in voliera di rilascio, venne liberato nell'arco di circa trenta giorni complessivi dal ricovero.

Le rubriche repertoriali prese in esame in questo caso furono:

HEAD- INJURIES AFTER
HEAD- CONCUSSION OF BRAIN
EYE- INJURIES FROM
EYE- INFLAMMATION RETINA, COMMOTIO RETINA
EYE- INJURY TO EYE

Risultati

Nella maggioranza dei ricoveri degli ultimi anni i nostri pazienti vengono sottoposti a trattamento omeopatico, più o meno prolungato, in alcuni casi in associazione a trattamento farmacologico tradizionale, quasi esclusivamente antibioticoterapia, ad esempio in caso di fratture esposte con osteomielite. Pur non avendo intrapreso una razionale analisi dei casi dal punto di vista statistico, dall'analisi dei follow-up emergono i seguenti risultati:

In caso di frattura otteniamo una formazione di callo osseo stabile in tempi ridotti, frequentemente di circa un terzo rispetto a quelli normalmente necessari, con un conseguente periodo di degenza molto più breve. Questo risultato è sicuramente di grande importanza, soprattutto considerando le specifiche caratteristiche di selvaticità dei soggetti ricoverati, che possono risentire di una permanenza in cattività troppo prolungata, con possibili ripercussioni negative al momento del riambientamento in natura.

Degni di nota i risultati ottenuti in corso di fratture particolarmente problematiche, comminute e/o esposte, nelle quali gli esiti di non-unione o di anchilosi invalidanti sarebbero molto consistenti senza i benefici della terapia omeopatica.

Nei casi di trauma cranico spesso si sono osservati risultati dalla rapidità ed intensità eccezionali. Nei casi di paralisi degli arti inferiori, evenienza piuttosto frequente, i risultati sono a volte positivi - come nel recente caso di un cigno che ha recuperato completamente nell'arco di pochi giorni una paralisi bilaterale delle zampe, a seguito della somministrazione di Arnica, Hypericum e Causticum - a volte non risolutivi. Posta la difficoltà ed i limiti di poter trovare il rimedio giusto, è lecito ipotizzare in alcune occasioni lesioni midollari anatomiche non reversibili.

Conclusioni

Considerando come nelle specie selvatiche non ci si possa mai accontentare di recuperi parziali che pregiudicherebbero la loro reimmissione in natura, lo sforzo teso ad ottenere sempre migliori e rapidi risultati nella risoluzione delle patologie è costante. Nonostante l'approccio terapeutico sintomatico utilizzando i rimedi già noti per tropismo (es. Arnica nei traumi.) e la prescrizione di più rimedi, necessità dettata dalla contingenza in cui vengono a trovarsi i nostri pazienti, i risultati sono molto gratificanti. Ciò ci invoglia ad approfondire l'esperienza intrapresa con il mandatario impegno di affinare maggiori capacità di osservazione per cercare di cogliere piccoli particolari che possano indicare prescrizioni sempre più mirate e metodologicamente corrette.

Bibliografia

F. Schrojens - RADAR SYNTHESIS 7 - Archibel
R. Manrich - Bird of pray - Blakwell Science - Medicine and Managment - 1997

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