Il modello immunopatologico in Omeopatia

Pubblicato il 25/07/2018

Categorie: Metodologia Omeopatica

Autori: Angelo Micozzi, Gino Santini

Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista

Il modello immunopatologico in Omeopatia

Secondo Hahnemann, i sintomi delle malattie acute o croniche derivano dall'alterazione della forza vitale; rivisitando questo concetto in termini più attuali, non è improbabile che il fondatore dell'omeopatia abbia voluto evidenziare quella fondamentale forma di omeostasi necessaria la mantenimento dello stato di salute, il quale coincide verosimilmente in massima parte con l'integrità individuale rispetto al mondo circostante. Poiché lo scambio di informazioni tra individuo e ambiente è piuttosto complesso e di varia natura, in senso lato si potrebbe definire come forza vitale anche e soprattutto la capacità di discriminazione che l'individuo possiede rispetto all'ambiente in cui è inserito.

Hahnemann aveva felicemente intuito, più di due secoli or sono, l'importanza di tali concetti. Se la sperimentazione pura deriva dalla necessità di studiare intenzionalmente le malattie indotte in modo artificiale (una sorta di alterazione della forza vitale innescata a tempo determinato, allo scopo di verificare gli effetti primari delle sostanze estranee), il criterio infettivo alla base delle malattie croniche implica la possibilità di tale alterazione rimanga indefinita nel tempo: in ambedue i casi la sintomatologia deriva dal tentativo operato dalla forza vitale di ritornare all'equilibrio preesistente. Nel corso della sperimentazione pura tale equilibrio viene ristabilito in tempi e modi che sono condizionati dalla dinamica del farmaco, mentre la malattia naturale cronica comporta una perturbazione che persiste ed evolve nel tempo, poiché una regressione spontanea è impossibile.

Tradotto in una terminologia più attuale, questo fenomeno può essere interpretato come un'attivazione immunitaria dell'organismo in risposta a un agente patogeno: in tale contesto i sintomi della malattia derivanti da tale risposta esprimono la tendenza dell'ospite a circoscrivere ed eliminare la noxa mediante l'impiego di elementi costitutivi biologici (citochine infiammatorie, sistema del complemento, attivazione dei linfociti, etc.). Sotto questa ottica, l'alterazione della forza vitale è ampiamente sovrapponibile alla memoria linfocitaria e anticorpale alla base di numerosi maccanismi patogenetici, almeno per quanto concerne le malattie autoimmuni (concetti ripresi in alcune delle forme degenerative descritte da Hahnemann): per analogia, anche in questo caso il meccanismo deve essere considerato evolutivo e non suscettibile di una remissione spontanea. Da quanto esposto emergono prepotenti le forti sovrapposizioni esistenti tra il paradigma omeopatico delle malattie croniche (così come furono esposte a suo tempo da Hahnemann) e le più recenti acquisizioni sulla immunopatologia.

L'innesco di tipo infettivo di una forma cronica (nella gran parte dei casi lontano nel tempo o, comunque, non facilmente diagnosticabile) era rappresentato da Hahnemann attraverso un agente miasmatico unico, quello della psora, più attualmente identificabile nell'azione patogena esercitata da virus, batteri e parassiti (complessivamente inquadrabili come l'equivalente odierno dell'agente psorico). E' pur vero che, esposta la questione in questi termini, rimane ancora una divergenza con la medicina moderna sulla possibilità che diversi agenti infettivi possano attivare una stessa patologia: l'artrite reumatoide, ad esempio, è associata al virus di Epstein-Barr, alla Borrelia burgdoferi e ai ceppi patogeni di Proteus e Coli. Rimane invariata perciò l'esigenza di interpretare le modalità eziopatogeniche alla luce della ricerca moderna e mediante l'ampio spettro di possibilità che offre la microbiologia: l'evoluzione della malattia, così come la suscettibilità dell'agente patogeno, risentono della costituzione dell'individuo, più modernamente intesa (secondo una comprovata impostazione immunopatologica) come una forma di associazione con l'HLA. Tale predisposizione rappresenta una condizione necessaria (ma non sufficiente) al determinismo della patologia, in quanto è proprio l'infezione ad assumere il significato di innesco: l'HLA viene a costituire dunque non solo un codice di controllo individuale sulla risposta immunitaria, ma anche un terreno ideale di suscettibilità o di resistenza agli agenti patogeni.

E' su queste considerazioni che il meccanismo patogenetico delle malattie croniche può essere spiegato con una sorta di alterazione persistente della forza vitale hahnemanniana attraverso una risposta, indefinita nel tempo, del sistema immunitario; tale alterazione, facilmente ed univocamente identificabile in quanto sostenuta dall'attivazione specifica di linfociti e anticorpi, è sempre associata ad una sintomatologia conseguente ed è conseguente ed è conseguentemente caratteristica dello stimolo infettivo che l'ha innescata: l'epatite cronica attiva per l'HCV, la gastrite cronica attiva nel caso dell'Helicobacter pylori, etc. A queste analogie è doveroso aggiungere l'opportunità, peraltro piuttosto frequente, che l'agente infettivo sia caratterizzato da somiglianze strutturali con l'organismo ospite, da cui deriva una risposta diretta in ambedue le direzioni (self biologico e non-self); tale similitudine biologica, attualmente definita con il termine di mimetismo molecolare, riveste una fondamentale importanza nel caso sia implicato proprio il codice individuale HLA: nell'esempio dell'artrite, il DR4 possiede delle omologie di sequenza molto significative con EBV, Borrelia, Proteus e Coli.

 

I criteri immunofarmacologici

La sperimentazione pura rappresenta il primum movens della metodologia omeopatica. Lo studio della sintomatologia, indotta artificialmente attraverso la somministrazione delle singole sostanze in un individuo presumibilmente sano, esprime l'intero potenziale terapeutico applicabile alle malattie naturali: l'omeopatia agisce quindi per analogia, arrivando alla guarigione del paziente grazie ad un confronto tra gli effetti primari del farmaco e l'insieme dei sintomi del malato. Questo fenomeno ha da sempre rappresentato un grosso ostacolo per la verifica sperimentale invocata a gran voce dal mondo accademico, poiché le alterazioni descritte da ciascun sperimentatore sono caratterizzate da un significato troppo soggettivo e sono difficilmente riproducibili; in realtà e in più di una occasione, Hahnemann indugia sulla necessità di verificare le modificazioni artificiali con i quadri di intossicazione e avvelenamento.

Sotto questo aspetto è ovvio che la sperimentazione, effettuata a basso dosaggio, non potrà mai provocare tali alterazioni, anche se queste ultime hanno comunque delle somiglianze notevoli con le alterazioni sensoriali percepite dagli sperimentatori. Non a caso Hahnemann affermava che solo ciò che è percepito con gli organi di senso, spogliato di ogni interpretazione personale, acquista un valore sintomatologico che può essere riprodotto nella globalità dei casi. Del resto, una condotta diversa sarebbe inimmaginabile, soprattutto se riportata in un periodo antecedente alla teoria cellulare di Virckow, il propugnatore dell'attuale modello degli studi biologici. Ecco il motivo per cui, almeno in parte, il modello sperimentale di Hahnemann, concettualmente basato sul criterio di similitudine, è codivisibile dalla moderna immunofarmacologia e può essere verificato secondo una metodologia sperimentale consona alla medicina accademica. Non va dimenticato a questo proposito che l'azione delle citochine, analogamente a quanto attuato in omeopatia, è stata studiata più concretamente solo dal momento in cui è stato possibile effettuare sperimentazioni sui volontari sani; fino ad allora si conoscevano solo le azioni che, peraltro parzialmente, potevano essere verificate in laboratorio negli studi in vitro: il TNF (Tumor Necrosis Factor), caratterizzato da un'azione necrotizzante le cellule tumorali in vitro, nell'individuo manifesta notevoli effetti pro-infiammatori (febbre, artro-mialgie, anoressia, etc.).

Questa sorta di "sperimentazione pura omeopatica" condotta su volontari sani, si è resa possibile solo da quando la biotecnologia del DNA ricombinate ha permesso di produrre notevoli quantità di citochina; lo stesso è avvenuto per l'Interleuchina - 1 (IL-1), l'Interleuchina - 2 (IL-2) e per molte altre molecole che intervengono in numerosi meccanismi informazionali del sistema immunitario (molecole di adesione ,altre citochine, fattori di crescita). Pur mantenendo le debite differenziazioni, la metodologia omeopatica si accosta alla medicina moderna anche per la possibilità di utilizzare terapeuticamente farmaci specifici nei confronti di patologie o agenti patogeni altrettanto particolari. Tale condotta, non ancora apprezzata in pieno dalla comunità medica omeopatica, risale agli studi originari di Hahnemann sulla sifilide e sulle malattie acute epidemiche.

Hahnemann considera il mercurio come l'unico farmaco in grado di rimuovere la malattia venerea (interpretata peraltro erroneamente nella sua globalità); sotto questo aspetto va sottolineato che egli aderisce alla cosiddetta teoria unitaria della sifilide, in base alla quale la blenorragia non è altro che che l'espressione secondaria dell'ulcera: ad un unico agente infettivo corrisponde, per conseguenza, un unico farmaco, il Mercurius solubilis. Ma Hahnemann si spinge oltre, affermando che anche le epidemie che si manifestano sempre uguali a se stesse, in quanto prodotte da specifici agenti patogeni, possono trovare un corrispettivo farmacologico altrettanto peculiare.

Nel caso della scarlattina, ad esempio, Hahnemann raccomanda la Belladonna come l'unico rimedio in grado di svolgere un'adeguata profilassi; lo stesso farmaco trova indicazione nella malattia rabbica, assieme allo stramonio e al giusquiamo, effettuando la scelta esclusivamente sulla base delle caratteristiche individuali di espressione sintomatologica. Bryonia e Rhus radicans sono consigliati, in alternanza, come gli specifici del tifo addominale, eventualmente seguiti da Phosphorus nel caso in cui permangano le sequele di questa grave malattia (astenia, caduta dei capelli, intolleranza ad alcuni alimenti, etc.); Drosera viene raccomandata per la grande somiglianza con i sintomi della pertosse, mentre consiglia di utilizzare Aconitum nella porpora miliare (più attualmente accostata alla porpora di Schonlein-Henoch). E ancora, Camphora trova un utile impiego nella profilassi del colera, mentre in caso di malattia conclamata gli specifici sono rappresentati da Cuprum e Veratrum album, fino ad arrivare alla cura della cosiddetta "dissenteria autunnale", oggi nosologicamente inquadrata come enterocolite batterica.

In quest'ultimo caso, Hahnemann non può intuire la reale origine di tale patologia, indotta dalla Shigella disenteriae, un microrganismo che verrà scoperto solo alla fine del XIX secolo dell'omonimo microbiologo: ne consegue che è solo grazie al criterio di similitudine, attraverso la grande somiglianza dei sintomi (tenesmo e bruciore addominale, con o senza scariche diarroiche) con quelli indotti dall'intossicazione con sublimato corrosivo sull'uomo sano, che Hahnemann arriva a questo conclusioni. Infine, ma non per una minore importanza, Hahnemann indica nella Thuja (alternata all'acido nitrico, in caso di recidive o dopo soppressioni locali) lo specifico di un'altra malattia trasmissiva quale la condilomatosi; questo stesso rimedio viene considerato utile anche per gli eventuali disturbi conseguenti all'innesto di un vaccino, in quanto provoca (con la sperimentazione pura) eruzioni pustolose molto simili a quelle del vaiolo.

Per inciso, Hahnemann ha una grande considerazione del lavoro di Jenner, in quanto la profilassi vaccinatoria è praticata sulla base del simile: il vaccino, infatti, deriva dalle pustole del vaiolo bovino, il quale è simile a quello umano. E' interessante notare che la metodica successiva a Jenner ha modificato tale impostazione, dal momento che utilizza l'idem (isopatia) per l'allestimento di vaccini diversi da quello anti-vaioloso. Poiché Hahnemann prescrive la Thuja sulla base della specificità d'azione nei confronti del vaiolo, risulta quanto meno curioso che gli omeopati successivi abbiano preso in considerazione la Thuja stessa per gli effetti negativi di tutte le vaccinazioni: partendo dalla nozione di specifico, difatti, ogni vaccino meriterebbe un farmaco proprio come l'identificazione di un agente patogeno richiede una terapia altrettanto mirata.

Lo stato di salute viene definito come il mantenimento di un equilibrio omeostatico complesso, la cui rottura è spesso determinata dall'azione di una noxa patogena esterna che agisce su di una predisposizione costituzionale. Questo conetto, intuito da Hahnemann più di due secoli fa, può essere attualmente descritto secondo un modello immunopatologico che interpreta la sintomatologia legata a molte patologie come la conseguenza di uno stimolo innescante, prevalentemente di tipo infettivo, cui fa seguito il tentativo effettuato dall'organismo di ritornare all'equilibrio preesistente. Questo modello, oltre a permettere una reale verifica scientifica del criterio di similitudine proposto da Hahnemann, reinterpreta alla luce della moderna immunologia i concetti teorici alla base dell'impiego di tale criterio nella scelta del rimedio omeopatico.

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