Come acquisire una corretta metodologia omeopatica
Categorie: Metodologia Omeopatica
Autori: Eugenio De Blasi
Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista
RIASSUNTO: Vengono indicate le linee guida utilizzate nella presa del caso, fino ad arrivare alla scelta del rimedio omeopatico, secondo i principi della Omeopatia Classica. Si accenna al metodo della analisi clinica del caso secondo i tre livelli acuto, cronico e miasmatico. Infine si propone una distinzione tra omeopatia di primo e di secondo livello.
PAROLE CHIAVE
Presa del caso – Analisi del caso – Scelta dei sintomi – Livello acuto, cronico, miasmatico.
INTRODUZIONE
Le fonti principali a cui ci si ispira nella attuazione della metodologia omeopatica sono soprattutto Hahnemann1,2 e Kent3. Di Hahnemann, oltre alle Malattie Croniche, ci si ispira soprattutto ai paragrafi dell’Organon 5-7, 82-99, 151-153. Di Kent ci si ispira soprattutto alla sua Prefazione al Repertorio e alle Lezioni di filosofia omeopatica che vanno dalla XXIII alla XXXIII.
SINTESI DEL METODO
Nella presa del casosi effettua l’interrogatorio omeopatico costituito dai seguenti momenti: Motivo della visita, Sintomi concomitanti, Anamnesi fisiologica, Anamnesi prossima remota e famigliare, Sintomi osservati e esame obiettivo.
Si effettua quindi la diagnosi, evidenziando il piano di gravità della patologia, la direzione attuale della malattia, il livello generale di salute del paziente, le predisposizioni miasmatiche.
Il passo successivo è l’analisi del caso. Si studia la Biopatografia, cercando la causa eccitante del livello acuto, gli eventi significativi del livello cronico e la causa fondamentale miasmatica. All’interno poi di tutti i sintomi raccolti, si procede alla distinzione tra sintomi omeopatici (secondo il § 153) e sintomi comuni e patognomonici. Si decide quindi il livello clinico da trattare, se l’acuto o il cronico.
Si procede poi alla gerarchizzazione dei sintomi in base al Valore dei sintomi (Sintomi mentali della volontà – Desideri e avversioni, Sintomi dell’intelletto e della memoria, Sintomi dello stato generale e modalità generali, poi Sintomi del sangue, degli organi interni e esterni) e in base alla qualità clinica dei sintomi (Sintomi sicuri, spontanei, molto intensi, causali, keynotes).
Arriva ora il momento della scelta dei sintomi, al fine di ottenere ciò che si chiama “la Sindrome Minima di Valore Massimo“, cioè pochi sintomi essenziali che danno l’immagine caratteristica del paziente e che sono tra loro interconnessi a livello logico o cronologico.
La fase successiva è la traduzione dei sintomi in linguaggio repertoriale, al fine di effettuare la repertorizzazione. L’uso di sintomi eliminatori ma sicuri può facilitare la repertorizzazione, selezionando così un gruppo di pochi rimedi, all’interno dei quali c’è il rimedio del paziente. Un sintomo eliminatorio, oltre che sicuro, deve appartenere anche a un alto livello gerarchico, in genere il livello mentale e generale, ma non le keynotes. Secondo Kent i sintomi di massima importanza sono i sintomi generali mentali e fisici, a cui seguono i sintomi locali particolari.
Ottenuto attraverso la repertorizzazione un ristretto numero di rimedi, di solito due – tre, si procede ora alla diagnosi differenziale attraverso lo studio della Materia Medica comparata. È importante che alla fine l’immagine complessiva del paziente corrisponda all’immagine complessiva del rimedio prescelto e che non vi siano caratteristiche generali del paziente contrarie a quelle del rimedio. In caso di dubbio, è doveroso procedere a un riesame della anamnesi del paziente, della analisi del caso, ovvero a un riesame del paziente stesso.
Una volta scelto il rimedio, occorre scegliere la potenza da somministrare. A tal fine, ci si fa guidare dal livello di similitudine sintomatica (più alta è la similitudine più alta è la potenza), dal livello di durata del quadro sintomatologico (maggiore è il tempo di durata maggiore è la potenza), dal grado di curabilità del paziente (minore è il livello lesionale della patologia maggiore è la potenza).
È importante poi dal punto di vista clinico e prognostico fare una diagnosi di curabilità o incurabilità prima della somministrazione del rimedio. La diagnosi di incurabilità si basa soprattutto sulla presenza di patologia lesionale grave o molto grave, sull’assenza di sufficienti sintomi omeopatici, sullo scarso livello energetico del paziente, sulla presenza di forti e ripetute soppressioni, sulla presenza di dipendenza farmacologia.
Una vera prognosi omeopatica può essere fatta solo dopo la somministrazione del rimedio, basandosi essenzialmente sulle dodici osservazioni prognostiche di Kent (Lezione XXXV).
MALATTIA ACUTA, CRONICA E MIASMATICA
Una menzione a parte va fatta a proposito dei tre livelli di malattia: acuta, cronica e miasmatica, di cui Hahnemann parla nei § 5, 72, 184 e 222 dell’Organon. Nel libro sulle Malattie Croniche, Hahnemann sostiene che nella maggior parte delle malattie croniche – ad eccezione della malattia psorica pruriginosa con eruzione primaria ancora presente e non soppressa – per effettuare un trattamento miasmatico completo non è sufficiente un solo rimedio, ma occorre somministrare una serie di differenti rimedi, uno dopo l’altro.1 Riprendendo queste linee di filosofia omeopatica di Hahnemann, Joseph Reves4 ritiene che un corretto piano di trattamento di un caso cronico dovrebbe partire dal livello acuto e rimedio corrispondente, anche se la sintomatologia acuta è silente nel momento in cui ci apprestiamo a iniziare il trattamento.
Questo modo di procedere darebbe due vantaggi importanti. Il primo è di tipo diagnostico: dopo la somministrazione del rimedio acuto e dopo che esso ha agito, è più facile che emergano più intensi e chiari i sintomi del rimedio cronico, permettendo così una prescrizione più accurata. Il secondo vantaggio è di tipo terapeutico: il rimedio cronico, somministrato dopo che ha agito il rimedio acuto, può agire al meglio, perché non disturbato nella sua azione dalla eventuale comparsa di una riacutizzazione. Il piano di trattamento cronico non è completo se al rimedio cronico non si fa seguire il rimedio miasmatico, che completa così i tre livelli. Di solito, tra i rimedi acuto, cronico e miasmatico esiste una relazione di complementarietà o di following well.
Tale metodologia di trattamento presuppone una analisi del caso idonea a individuare i sintomi caratteristici dei tre livelli, che se vengono semplicemente sommati insieme possono portare ad una visione confusa del caso. La decisione di passare da un livello ad un altro richiede un attento follow-up del cambiamento dei sintomi caratteristici, dopo la somministrazione di ogni dose del rimedio. Un esempio pratico di come possa essere attuata una tale metodologia è stata da me presentata al 4° Congresso Nazionale FIAMO a Roma nel 2002.5
CONCLUSIONI
Ogni metodologia si basa su dei principi accettati come espressione della verità, relativamente alla dottrina a cui ci si ispira. I principi dovrebbero quindi essere immutabili, in caso contrario si nega la dottrina di riferimento. Ma i principi vanno applicati dagli uomini e gli uomini sono mutevoli, gli omeopati poi lo sono ancora di più. Sembra che Hahnemann in punto di morte temesse per le sorti dell’Omeopatia, preoccupato più da ciò che avrebbero fatto i sostenitori, che i detrattori dell’omeopatia stessa. Tuttavia, nonostante i suoi timori l’Omeopatia si è sviluppata in tutto il mondo da ormai oltre duecento anni, anche se con momenti di alti e di bassi. Certo in Italia ultimamente qualcosa sta cambiando a proposito dell’Omeopatia, che all’inizio veniva definita come una Medicina Alternativa, poi come una Medicina Complementare e ultimamente come una Medicina Integrata! I cambiamenti degli ultimi anni hanno portato a una pluralità di metodologie con indirizzi e scuole diverse. Tuttavia, se si guarda a questa pluralità da un punto di vista pratico, credo che si possano individuare fondamentalmente due distinte linee d’azione, due livelli essenziali, distinguibili soprattutto per il diverso obiettivo terapeutico.
Il primo livello corrisponde alla Omeopatia Classica propriamente detta e mira alla cura completa della diatesi miasmatica. Richiede una diagnosi di livello miasmatico sin dalla prima visita, la cui durata di solito varia da una a due ore. Il periodo di trattamento richiede tempi lunghi, di solito almeno due – tre anni. Difficile il suo raffronto con la medicina convenzionale, poiché si basa su un concetto di salute e malattia molto differente. Possibile invece un confronto, purché vi sia la consapevolezza reciproca del diverso obiettivo terapeutico.
Il secondo livello mira alla cura della patologia principale di cui si lamenta il paziente. Può richiedere tempi più brevi per la prima visita (di solito 20 – 30 minuti) e tempi più brevi per la durata del trattamento (di solito 2 – 12 mesi). A questo livello, si possono ottenere casistiche molto numerose, utili anche per un raffronto con i risultati della medicina convenzionale, di cui condivide l’obiettivo terapeutico. Probabilmente la maggior parte degli omeopati unicisti ha esperienza su ambedue i livelli. L’importante è sapere sempre che cosa si sta facendo.
Bibliografia
1. S. Hahnemann, Chronic Diseases, B. Jain Publishers, N. Delhi, 1987
2. S. Hahnemann, Organon of Medicine, B. Jain Publishers, N. Delhi, 1988
3. J. T. Kent, Lectures on Homoeopathic Philosophy, B. Jain Publishers, 1990
4. J. Reves, 24 Chapters in Homoeopathy, Homoeopress, Haifa, 1993
5. E. De Blasi, I paragrafi dell’Organon relative alla classificazione delle malattie in acuto, cronico e miasmatico, 4° Congresso Nazionale FIAMO, Roma, 2002
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