Materia Medica del dramma antico: EDIPO RE di Sofocle

Pubblicato il 25/02/2022

Autori: Laura Naselli

Materia Medica del dramma antico: EDIPO RE di Sofocle

Sono stati versati fiumi d’inchiostro sulla tragica vicenda di Edipo e il buon Freud ne ha fatto una colonna portante della sua ricerca. Ciò che colpisce il Lettore è il fato che pesa sui protagonisti, su di loro sono stati emessi dei vaticini e, per quanto si sforzino, non riusciranno a sottrarsi al loro destino.

Edipo Re è un capitolo di una vicenda che comincia molto prima. Re Laio di Tebe, sposato con Giocasta, apprende da un profeta che verrà ucciso da suo figlio. Giocasta dà alla luce un maschio, Laio gli fa bucare le caviglie legandole l’una all’altra(!) e, al terzo giorno di vita, lo affida ad un pastore affinché lo abbandoni sul monte Citerone, preda degli animali. Ma il pastore ha pietà del bimbo, lo affida ad un altro uomo che lo porta alla corte del re Polibio e della regina Merope, a Corinto. Edipo (il cui nome significa piedi gonfi) cresce, quindi, convinto di essere figlio di re Polibio. Un giorno apprende che è destinato ad uccidere suo padre e a sposare sua madre, spaventato fugge da Corinto e, lungo la strada, incontra un piccolo drappello alla testa del quale c’è Laio, ormai anziano. Laio è arrogante, si scontra con Edipo e questi lo uccide realizzando, senza saperlo, la prima parte della sua personale profezia. Sulle porte di Tebe, Edipo sconfigge con la sua intelligenza “l’ambigua” Sfinge e Tebe lo acclama, lo elegge re e Giocasta, inconsapevole, lo sposa. Gli darà quattro figli, due maschi e due femmine.

All’inizio della tragedia di Sofocle Tebe è di nuovo minacciata, questa volta da una pestilenza. Edipo accoglie i suoi sudditi, li rincuora: farà di tutto per aiutarli. Manda a chiamare Creonte il fratello di Giocasta (sostanzialmente suo cognato e zio). Questi è convinto che il sangue versato di re Laio stia gridando vendetta e suggerisce a Edipo di convocare l’indovino cieco Tiresia. Tiresia, all’inizio, non vuole rispondere poi si decide e accusa Edipo di essere lui la causa dei mali della città. Edipo, accecato dal suo rango, si convince che dietro le oscure profezie di Tiresia, che dice e non dice, ci sia la brama di potere di Creonte.

Convoca Creonte e lo minaccia di morte. Inutilmente Creonte si difende. A questo punto entra in campo Giocasta che invita i due a più miti consigli e, soprattutto, dice a Edipo che non è il caso di credere troppo alle profezie. Il suo primo marito Laio, proprio per credere alla sua, ha ucciso il suo bambino. Sulla scena arriva un messaggero da Corinto: re Polibio è morto. Edipo viene invitato a sedersi sul trono della città come suo legittimo erede. Edipo esulta perché non è per mano sua che Polibio è morto, teme ancora di sposare Merope ma è già sposato e Merope è vecchia. Diciamo che comincia a vedere la luce in fondo al tunnel. Ma il messaggero lo disillude rivelandogli che Polibio è suo padre adottivo e che lui è un trovatello salvato sul monte Citerone.

Il velo sulle origini di Edipo comincia a lacerarsi, ben presto tutto diventa chiaro: Edipo ha ucciso suo padre Laio e sposato sua madre Giocasta. Un peso insopportabile da portare. Giocasta fugge all’interno del palazzo reale e si strangola, Edipo la segue, le strappa le fibbie d’oro dalla veste e, con un finale degno di un horror, si trafigge gli occhi accecandosi. Non gli resterà che invocare la pietà di Creonte: andrà in esilio. I suoi due figli maschi, proprio perché maschi, se la sbrigheranno da soli, ancora non sa che i due si ammazzeranno tra di loro. Le femmine, Antigone e Ismene, lo seguiranno nell’esilio occupandosi di lui.

Analisi omeopatica.

Tutti i personaggi hanno un “peso” rilevante, sono tutti molto radicati nelle loro certezze che si riveleranno, peraltro, fallaci. Ci vedo soprattutto rimedi minerali.

Edipo: re di nascita, re per adozione, per matrimonio, eppure detronizzato ogni volta. Paternalistico nel suo approccio con il popolo ma feroce nel difendere quelli che ritiene siano i suoi diritti acquisiti. Tormentato dai dolori alle ossa (le tibie perforate) che risalgono ai suoi primi giorni di vita, cieco mentalmente prima e fisicamente dopo. Lui non si punisce suicidandosi ma facendosi del male. Irrimediabilmente attratto da sua madre, “ha seminato il suo ventre”. Forse Aurum muriaticum ha alcuni di questi aspetti.

Tiresia: un uomo che ha fatto del vaticinio la sua ragione di vita. Egli rappresenta il potere perché conosce ed è, allo stesso tempo, al di fuori del potere. Sospeso tra cielo e terra non teme nessuno, sa di sapere, conosce il fato. Scholten ha parlato di un rimedio simile: Xenon.

Giocasta: le è stato strappato un figlio in fasce, ha vissuto in una città sotto l’incubo della Sfinge prima e della pestilenza poi. Suo marito Laio è uscito e non più tornato. Infine suo figlio Edipo l’ha sposata. La poveretta tenta di non credere ai vaticini. “La cosa migliore è vivere alla giornata”, dice a Edipo e gli raccomanda di non scavare troppo. La donna teme di trovare, in fondo, quel nocciolo oscuro che si porta dentro. “Basta il mio dolore”, dice al figlio-sposo. Natrum muriaticum, forse, le si adatta.

 

Versione utilizzata: Sofocle. Antigone, Edipo Re, Edipo a Colono. A cura di Franco Ferrari. BUR

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