Linguaggio e sintomi. Libera riflessione sull'Omeopatia

Pubblicato il 11/01/2013

Categorie: Metodologia Omeopatica

Autori: Mario Buttignol

Fonte: Il Granulo

Linguaggio e sintomi. Libera riflessione sull'Omeopatia

Biologia, dal greco Biò(s), vita e Lògeia da Lògein, discorrere, indica un sapere acquisito con la riflessione e la ricerca di Leggi e Fenomeni della vita umana, animale e vegetale; pertanto il termine significa la scienza della Vita.

È un termine che i filosofi greci non conoscevano, tuttavia, essi avevano ben chiara la distinzione tra il Regno della natura vivente e quello della materia inerte.

Probabilmente, il termine Biologia, fu attestato per la prima volta dal medico tedesco T.G.A. Roose nel 1797 e, soprattutto, divulgato dal naturalista Jean-Baptiste de Lamarck (1744-1829) nel 1802, per indicare una nuova scienza dei "corpi viventi".

In quegli stessi anni, il medico sassone C.F. Samuel Hahnemann (Meissen 1755-Parigi 1843), in un nobile atto verso il prossimo sofferente e guidato dalle sue profonde conoscenze in tutti i campi della biologia, sosteneva ed illustrava efficacemente una nuova prassi Terapeutica basata sul principio di Similitudine documentato empiricamente già nei tempi antichi dal padre della medicina, Ippocrate di Cos (ca. 460-377 a.C.), e descritto nel celebre Corpus Hippocraticum, forse la più importante raccolta di conoscenze mediche del periodo pre-cristiano.

L'altro principio terapeutico descritto nella stessa opera, antitetico al primo, è il principio dei contrari. Ora, se gran parte del genere umano è abituato a ragionare secondo il principio dei Contrari, vuoi perché meglio si adegua alla logica meccanicistica imperante dei nostri tempi, vuoi per il tam-tam continuo ed incessante delle multinazionali del farmaco e vuoi anche per l'effettiva utilità di quelle poche voci (vedi per esempio l'Aspirina©) che hanno dato di riflesso lustro anche agli altri "veleni" in circolazione, non risulta così consueto ragionare sul più naturale principio di Similitudine.

Secondo tale principio, una sostanza che è in grado di guastare la salute del soggetto sano, cioè di farlo ammalare con determinate e precise manifestazioni di sintomi legate a quella stessa sostanza, in dosi molto piccole (minime) è in grado di curare un paziente che dovesse presentare una costellazione sintomatologica simile.

Da queste poche considerazioni, potrebbero già seguire una serie infinita di interessanti riflessioni sul vitalismo, sui concetti di salute e malattia, sulla soppressione dei sintomi opposta ad una guarigione olistica, ecc. che farebbero facilmente pendere il piatto della bilancia a favore della Legge dei Simili.

Sta di fatto che i due sistemi terapeutici sono tutt'oggi attuali: la Medicina Accademica adotta quasi esclusivamente il principio dei Contrari, mentre la Medicina Omeopatica adotta il principio di Similitudine.

Ciò che più ci interessa come pazienti, cioè come biologia che soffre, è il rapporto medico-paziente basato su fondamentali scambi, generati dai processi individuali e naturali dei due attori (il medico ed il paziente), processi intrinseci della loro biologia.

Tali scambi portano all'identificazione di sintomi oggettivi (della malattia) rilevati dal medico e di sintomi soggettivi riferiti dal paziente.
Se al medico accademico interessano di più i sintomi oggettivi per definire la terapia (secondo il principio dei Contrari), al medico omeopata interessano di più i sintomi soggettivi, quelli cioè che identificano il paziente come unico e diverso da tutti gli altri pazienti che presentino gli stessi sintomi oggettivi. Dieci pazienti ammalati di colite (i cui sintomi oggettivi sono uguali per tutti), secondo il principio di Similitudine non saranno curati con lo stesso rimedio, perché i loro sintomi soggettivi (atteggiamenti, sensazioni, desideri, avversioni, ecc.) saranno diversi.

Ecco allora che per l'atto medico omeopatico assumono particolare importanza gli scambi linguistici attraverso i quali viene svelata la reattività specifica del paziente, il percorso evolutivo della sua biologia, prova inconfutabile della sua predisposizione ad ammalarsi in un certo modo e quindi indicatore certo del suo destino morboso.

I sintomi soggettivi derivati dalle espressioni del paziente, il linguaggio vitale, sono per il medico il codice della sua sofferenza totale (mentale e fisica) e quindi la chiave d'accesso alla sua terapia.

Per strano che possa sembrare, restiamo protagonisti nel bene e nel male della nostra vita: se non comunichiamo correttamente tutta la nostra sofferenza, tutta la nostra reattività, coinvolgendo il medico nel nostro stato, così da permettergli attraverso un processo empatico la più esatta comprensione del nostro patimento, egli non riuscirà, al di là delle sue capacità, a prescrivere un rimedio corretto.

Gli esperti di linguaggio e della mente avvertono che il linguaggio verbale, cioè le nostre parole, è luogo privilegiato dell'errore, ciò significa che l'espressione linguistica scaturisce ed è mediata dalla prassi culturale del luogo e dalla nostra costituzione, la nostra storicità sociale, ma questo lavoro di "interpretazione" spetta al medico.

Il medico omeopata ha accesso ad un'infinita serie di informazioni come, per esempio, alle modalità di oltre cento tipi diversi di dolore espressi nelle sperimentazioni delle varie essenze che costituiscono la Materia Medica Omeopatica, la più colossale collezione sintomatologica della biologia umana; inoltre, e non è poco, può accedere ai sintomi documentati di alcune migliaia di rimedi.

Tutto questo - diciamolo pure - enorme bagaglio di conoscenza altamente scientifico, perché raccolto nelle sperimentazioni omeopatiche (comprovabili e ripetibili), ed i sintomi esperiti dal paziente, hanno la loro chiave nella facoltà di linguaggio verbale, nelle parole, potenza e cultura del pensiero umano.

Le parole del paziente sono la fonte principale del medico omeopata: il linguaggio è antico di millenni, pur con tutte le sue evoluzioni, e le parole del paziente, come quelle dello sperimentatore, le sue espressioni, rappresentano un sentire profondo, causa delle sue intenzionalità e potenziali reazioni agli eventi della vita. Quello che il paziente dice, sgorga dal profondo del suo essere ed assume il massimo significato. È consolante constatare che in un mondo di tante chiacchiere inutili, di gossip, di bugie e discorsi truffaldini, l'Omeopatia conservi, con poche altre discipline, l'importanza vera del linguaggio, fondamentale strumento della Tradizione dell'Uomo.

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