Quale guarigione? Tra guarigione clinica e guarigione omeopatica
Categorie: Metodologia Omeopatica
Autori: Bruno Zucca
Fonte: Il Medico Omeopata - Rivista
La peculiarità del percorso di cura omeopatico, rispetto a quello allopatico, è la cura del terreno su cui insorge l'entità clinica, non soltanto la sua risoluzione.
I case-report dovrebbero pertanto considerare anche l'evoluzione psicofisica globale del paziente per valutarne l'effettiva guarigione. Questa finalità può essere raggiunta solo se medico e paziente accettano la sfida di una crisi trasformativa omeopatica, caratterizzata da una evoluzione centrifuga dei sintomi, lontano da scorciatoie spesso soppressive.
PAROLE CHIAVE: Guarigione omeopatica, guarigione clinica, legge di Hering, palliazione, soppressione.
QUALE FINALITÀ TERAPEUTICA?
Il variegato mondo omeopatico unicista contiene al proprio interno Scuole e metodiche spesso molto distanti tra loro; il denominatore comune è rappresentato dall'applicazione della Legge dei Simili sui tre classici piani diagnostico-terapeutici; essa si traduce nella prescrizione di un rimedio Sintomatico, di un rimedio Simile o di un Simillimum costituzionale. Solitamente in acuto, quando non si dispone di un rimedio generale più Simile, si ricorre ad un rimedio Sintomatico; in alcuni approcci la prescrizione sintomatica integra quella del rimedio costituzionale, completandola; in altri invece la sostituisce, quando il rimedio costituzionale non è ancora stato individuato; si ritiene infatti che il rimedio costituzionale sia di prima scelta anche in acuto e non si valuta necessario né congruo un rimedio diverso da quello di fondo.
In cronico invece, si ricerca il Simillimum costituzionale, ripiegando sul Simile del momento in attesa della sua individuazione. Alcuni Autori ritengono che il rimedio di fondo sia soggetto a variazioni nel corso dell'esistenza di una persona e parlano di "Simile del momento"; altri pensano invece che, oltre al simile contingente, ci sia un rimedio costituzionale "a vita" per ogni individuo. Oltre a queste due impostazioni generali, occorre considerare anche le differenti metodiche: alcune Scuole ritengono che la scelta del Simillimum debba essere effettuata in base al miasma dominante nel paziente, all'interno di una specifica rosa di rimedi rappresentativi di quel miasma; altri Autori pensano che l'individuazione del rimedio più profondo si possa efficacemente avvalere della prescrizione di rimedi intermedi e parziali che progressivamente lo facciano emergere, sfogliando i veli della "cipolla energetica"; altri ancora ritengono che la prescrizione del Simillimum non richieda, quando esso è stato individuato, un trattamento propedeutico con rimedi Simili e che ogni rimedio sia trimiasmatico.
La finalità terapeutica di questi diversi approcci secondo alcuni è esclusivamente la risoluzione dell'entità clinica, e secondo altri è prioritariamente il riequilibrio del terreno su cui essa è insorta.
L'Omeopatia non è però solo una tecnica ma una Medicina a tutti gli effetti, con un proprio corpus dottrinario diagnostico e terapeutico e, come si addice ad una buona pratica omeopatica, occorre privilegiare la cura del terreno. Indipendentemente dai diversi approcci ed orientamenti metodologici, ciò che sembra essere all'ordine del giorno nel nostro dibattito interno, anche alla luce della contaminazione culturale allopatica, sono soprattutto gli obiettivi terapeutici delle differenti strategie omeopatiche.
Tutte dichiarano in modo concorde di perseguire il benessere psico-fisico del paziente all'interno di una interpretazione psicosomatica della malattia; questa lettura però spesso caratterizza solo la fase diagnostica e non viene adeguatamente applicata al follow-up: molti case-report proposti nelle varie sedi di confronto, infatti, si soffermano dettagliatamente soltanto sulla descrizione dell'evoluzione clinica del quadro, relegando in secondo piano il resoconto dell'evoluzione profonda del paziente. È inoltre frequentemente assente una disamina completa del risultato terapeutico finale, che molto spesso è basato solo su parametri sintomatologici di tipo medico-clinico, senza una adeguata valutazione di quelli psicologici ed esistenziali.
GUARIGIONE CLINICA E GUARIGIONE OMEOPATICA
I due piani di guarigione, quello clinico e quello omeopatico, devono essere opportunamente distinti per sottolineare la prerogativa dell'omeopatia che, diversamente dalla medicina allopatica, si prefigge sempre il conseguimento di entrambe. Cosa rende specifico il nostro approccio se non la cura del terreno su cui si sviluppa la malattia? Cosa rende davvero guarito il nostro paziente se non una raggiunta condizione di serenità e di equilibrio psicofisico? L'omeopatia cura non solo i sintomi ma anche e soprattutto le loro cause, che frequentemente risiedono nella sofferenza psichica ed esistenziale dei nostri pazienti.
Il riequilibrio del terreno energetico è dunque la nostra più alta finalità terapeutica. La risoluzione, anche brillante, di un'entità nosologica è un segnale positivo, ma non sufficiente per testimoniare la guarigione profonda dell'individuo: la sola guarigione clinica non basta infatti all'omeopata, che ha gli strumenti per osservare come questa guarigione parziale, in alcuni casi, si associ addirittura ad un peggioramento della condizione generale del paziente... un po' come accade con alcune terapie antiinfiammatorie steroidee, dove la soppressione dell'entità patologica si traduce in uno scompenso biopsicoemotivo e comportamentale, foriero di più gravi malattie.
Anche in ambito omeopatico, dopo l'assunzione di rimedi parzialmente simili ma non evolutivi per il paziente, può verificarsi lo stesso fenomeno, che spesso si manifesta in forma misconosciuta perché sottovalutata; in alcuni malati infatti i rimedi parzialmente simili promuovono brillanti risoluzioni cliniche che si accompagnano, invece che ad una autentica guarigione miasmatica, a stati psichici e ad atteggiamenti comportamentali francamente patologici, precursori di nuovi quadri nosologici.
EFFICIENZA O SERENITÀ?
In un'epoca in cui il parametro culturalmente dominante per valutare il benessere di un individuo è la sua efficienza biologica ed energetica, e dove in ambito medico il concetto di salute coincide con quello di fitness o di scomparsa dei sintomi, occorre ribadire il concetto di guarigione vera e di evoluzione coscienziale del paziente proprio della visione omeopatica.
La positiva modificazione energetica di un quadro biopsichico permette, per esempio, di valorizzare il miglioramento pressorio di un paziente conseguito con un rimedio omeopatico riequilibratore del terreno rispetto a quello esclusivamente biometrico ottenuto con farmaci antipertensivi. Per scongiurare il dirottamento della malattia su di un altro organo bersaglio, occorre che anche il malato sia stato curato profondamente; è questo infatti che diversifica l'approccio omeopatico da quello allopatico. Se la malattia è vista come l'espressione di una scissione nevrotica o psicotica della personalità, conseguente ad un conflitto interiore tra due modi polari di essere, la guarigione non può che coincidere con il superamento di tale conflitto e la successiva integrazione delle due metà scisse.
Il paziente ben curato deve pertanto evolvere secondo precisi parametri: i report clinici a mio avviso dovrebbero descrivere le tappe di questa integrazione, l'avvenuto riequilibrio energetico e la sopraggiunta serenità interiore. Se per esempio, in un paziente lesionale grave, autosifilitico, insonne, dispeptico e psoriasico, la diagnosi di rimedio costituzionale è Sulphur, dopo l'aggravamento iniziale di poche settimane della sintomatologia psichica e fisica, assisteremo nell'arco dei mesi ad un miglioramento progressivo prima dell'insonnia e successivamente del quadro digestivo e cutaneo. Ciò che ci autorizza a considerare il paziente guarito miasmaticamente, ovvero medicato nella sua sofferenza psorica, è il cambiamento intervenuto nel suo modo di essere, non solo la risoluzione dei sintomi psicosomatici.
Il paziente sarà guarito se avrà acquisito la capacità di mediazione (rimedio=ri-mediatore) tra le due opposte polarità della personalità e non sarà più dilaniato dal conflitto interiore (tipico del grande purificatore sulfureo) tra purezza etica ed impurezza, vera causa dei suoi sintomi. Alla luce di questo, possiamo considerare curato un malato solo se ha maturato una consapevolezza di sé e conseguito un equilibrio energetico; cioè se è intervenuto in lui un cambiamento del punto di vista patologico precedente e si è affermata una visione più serena dell'esistenza relativamente al nucleo tematico archetipico che costituzionalmente lo governa.
Come accade in ambito allopatico, spesso la vera finalità di alcuni trattamenti omeopatici sembra purtroppo essere la rapida risoluzione dei sintomi fisici ed emotivi, cioè dell'entità clinica nosologica, e non più la cura del terreno su cui essi si sviluppano. Un intervento terapeutico sulle cause profonde della sofferenza umana richiede un notevole impegno terapeutico da parte del medico e del paziente di cui spesso è difficile farsi carico, sia per lo sforzo diagnostico necessario, sia perché dobbiamo fare frequentemente i conti con una inevitabile e problematica realtà: la crisi omeopatica di guarigione.
CRISI OMEOPATICA DI GUARIGIONE E SOPPRESSIONE
Numerosi Autori contemporanei ridimensionano l'importanza rivestita nel percorso di guarigione dal cosiddetto aggravamento omeopatico e dalla Legge energetica che lo governa, tradizionalmente attribuita ad Hering: secondo questa legge, l'evoluzione dei sintomi nel corso di un aggravamento omeopatico deve procedere "dall'interno verso l'esterno, dall'alto in basso ed in senso cronologico inverso alla loro comparsa".
Indipendentemente dall'inutile diatriba sul fatto che Hering abbia effettivamente formulato questo enunciato, in tutte le tradizioni terapeutiche, da quelle orientali (Medicina Cinese) a quelle occidentali (Medicina Ippocratica), da quelle più antiche a quelle più moderne (Teoria dei sistemi complessi, Medicina biologica di Hamer), passando attraverso la stessa psicoanalisi, l'osservazione clinica ha evidenziato come l'autoregolazione fisiopatologica dei sistemi viventi si avvalga di reazioni compensatorie di tipo riparativo, che si sviluppano secondo un programma biologico analogo a quello sopra descritto.
Il sistema energetico umano si avvale infatti di sistemi di drenaggio, ovvero di "valvole di sfogo e messe a terra energetiche" che ne consentono l'omeostasi; intervenendo su di essi in senso centrifugo si promuovono guarigioni fisiologiche, in senso centripeto si ostacola l'operato della Vis. Non è pertanto possibile a mio avviso ignorare l'importanza nella Dottrina Omeopatica di una concezione energetica dell'uomo che pone la Vis Medicatrix Naturae (in epoca moderna altrimenti definibile Intelligenza Energetica del Sé o Frequenza Elettromagnetica dell'acqua biologica) al centro delle nostre valutazioni diagnostico-terapeutiche per analizzarne le dinamiche fisiologiche e patologiche. Dal momento che ci avvaliamo di rimedi costituiti da energia, e che proprio sull'energia intervengono, è necessario attribuire ai concetti di squilibrio e riequilibrio energetico un grande significato.
La concezione bioenergetica dell'uomo su cui si fonda il nostro approccio alla malattia considera essenziale la gerarchizzazione degli organi in vitali e non-vitali perché grazie ad essa possiamo stabilire il grado patologico del paziente e diagnosticare il primum movens della malattia (cioè individuare "ciò che deve essere veramente curato" in quel malato); questo ci permette inoltre di monitorare la corretta evoluzione in senso curativo dell'evento patologico che, interpretando Hering, potrebbe essere così descritto: "dalla psiche al corpo, dagli organi vitali a quelli non vitali, dal lesionale al funzionale, dalla sicosi-sifilis alla psora ed in senso cronologico inverso alla loro comparsa".
L'evenienza in cui è più semplice osservare l'intelligente operato della Vis Vitalis è quella di un organismo fondamentalmente sano, dove possono comparire febbri, sudorazioni, secrezioni, eruzioni, infiammazioni o dolori in reazione ad una noxa esterna, la cosiddetta "malattia acuta". In questi casi la prescrizione omeopatica deve semplicemente sostenere e riequilibrare l'azione curatrice della Vis, senza interferire con la spontanea risposta centrifuga dell'organismo. Nel corso di una "malattia cronica" assistiamo invece al malfunzionamento della Vis: l'insufficienza del suo intervento riparatore richiede l'aiuto di un rimedio omeopatico personalizzato biorisonante con la frequenza costituzionale dell'organismo, capace di restituire al sistema energetico la perduta capacità autoregolativa centrifuga.
Questi principi cardine della tradizione classica, di cui troviamo ampia trattazione nell'Organon, rischiano di essere trascurati in epoca contemporanea. La stragrande maggioranza dei malati che giungono alla nostra osservazione appartiene alla categoria "lesionale": in questi soggetti la necessaria risposta riparativa che ristrutturi lo squilibrio e promuova un nuovo equilibrio è resa possibile soltanto grazie all'induzione di una malattia artificiale capace di promuovere una crisi di guarigione, cioè il cosiddetto "aggravamento omeopatico".
La legge di Hering descrive la corretta evoluzione di questo processo che, ancor prima di essere omeopatico in senso stretto, appartiene al modo di funzionare biodinamico della Vis, ovvero alla capacità di autoregolazione di cui godono tutti i Sistemi Viventi. La non attivazione della legge di Hering, o la sua errata evoluzione in direzione centripeta, sono infatti l'espressione di un intervento curativo incongruo, talvolta di una soppressione.
Anche quest'ultimo concetto sembra aver perso peso nella pratica unicista contemporanea, imprudentemente desiderosa di liberarsi dei "ferri vecchi" della tradizione classica. Eppure Hahnemann stesso formulò per primo il concetto di soppressione, dopo aver osservato gli effetti dell'iniziale applicazione della Legge di Similitudine: scrive infatti nell'Organon: "L'impiego di un rimedio non perfettamente omeopatico provoca dei mali accessori di una qualche entità".
Egli ipotizzò l'esistenza di un ostacolo interno alla guarigione che lo condusse alla elaborazione della teoria dei Miasmi, sforzandosi di costruire in questo modo una metodologia diagnostico-terapeutica più efficace e meno soppressiva. Successivamente altri Autori, tra cui Kent con la formulazione delle Dodici Osservazioni Prognostiche, riconobbero alla Legge di Guarigione di Hering il ruolo di valido criterio di valutazione dell'andamento del quadro clinico, indispensabile per diagnosticare eventi omeopatici soppressivi, ma anche per riconoscere gli aggravamenti negativi.
Con questo non voglio sminuire l'importanza della prescrizione sintomatica in acuto, laddove necessaria per urgenza o impossibilità a trovare il rimedio costituzionale: in questo caso il nostro obiettivo terapeutico sarà una temporanea guarigione nosologica, ottenuta applicando la Legge dei Simili ad un grado inferiore di corrispondenza, cioè avvalendoci delle informazioni sperimentali e repertoriali in maniera più riduttiva e meccanica, senza nessuno sforzo di sintesi interpretativa ed unificante dei dati. Occorre però essere sempre consapevoli dei limiti dell'approccio terapeutico apsorico, che è applicabile solo in acuto e per brevi periodi, non certo in cronico; promuovendo infatti soppressioni sintomatologiche in maniera reiterata nel tempo, grazie ad interventi parziali e non causali, si possono avere ripercussioni negative sul quadro generale.
È pertanto di fondamentale importanza definire il livello diagnostico e prescrittivo sul quale si intende, o ci si ritrova nostro malgrado, ad agire. In questo modo ci poniamo nella condizione di conoscere e prevedere il valore ed i rischi impliciti nel nostro operato, in base al quadro sintomatologico di riferimento. Questo ci permette di riconoscere il fenomeno soppressivo e la principale e misconosciuta iatrogenicità ad esso connessa, la sicotizzazione, ovvero l'ipertrofia dell'io e dei tessuti biologici.
L'esistenza del fenomeno soppressivo (l'evoluzione al contrario della Legge di Hering) è per l'omeopata esperto un'evidenza clinica di frequente osservazione: grazie ad un'adeguata considerazione di questo fenomeno, si può valutare retrospettivamente il proprio operato: dopo un rimedio più profondo, infatti, riemergono sempre, seppur momentaneamente, i sintomi soppressi da quello precedente.
LA MATERIA MEDICA VIVA E I "CASE-REPORT"
L'egemonia culturale allopatica ha fatto breccia anche tra le nostre fila, inquinando la pratica omeopatica con il suo paradigma di guarigione esclusivamente nosologica. Il concetto allopatico di guarigione clinica infatti non richiede una transitoria crisi di guarigione riequilibratrice del terreno costituzionale e coincide spesso con la soppressione dei sintomi. È così che la legge di Hering, e il concetto correlato di soppressione, stanno sparendo dai nostri report clinici.
Un'attenta osservazione clinica omeopatica richiede del resto tempi e modi incompatibili con una pratica medica frettolosa e frenetica come quella che ci viene richiesta nella nostra epoca.
Come può un omeopata unicista dedicare 30 minuti (durata media di una visita specialistica accurata) alla visita di un paziente e riuscire in questo ristretto spazio temporale ad individuare il rimedio costituzionale, monitorare adeguatamente l'evoluzione dei sintomi e riconoscere una loro eventuale involuzione? I casi clinici testimonianti una avvenuta guarigione omeopatica, per poter essere considerati Materia Medica Viva e costituire a tutti gli effetti esempi rappresentativi di un rimedio costituzionale, dovrebbero pertanto contemplare, oltre al miglioramento o alla risoluzione del quadro clinico:
- la diagnosi di gravità energetica iniziale del quadro che consenta una corretta valutazione della sua evoluzione in base alle osservazioni prognostiche e non consideri positiva o negativa tout court qualsiasi reazione aggravativa;
- la diagnosi del tipo di squilibrio energetico (sicotico o sifilitico) ) in modo da escludere in corso di trattamento un'accentuazione del medesimo od uno spostamento patologico sul versante opposto.
- l'evoluzione sintomatologica secondo la legge Hering, dal profondo verso la superficie e dall'alto in basso (ovvero dal mentale al fisico), accompagnata dallo smantellamento delle relative corazze biopsichiche egotrofiche o distruttive;
- la verifica della coerenza tra lo stato emotivo ed i sintomi fisici emergenti nel corso dell'aggravamento con le tematiche chiave del rimedio scelto, in modo da poter confermare la sua corretta prescrizione;
- la descrizione dell'avvenuto riequilibrio di terreno e della relativa guarigione con frasi, sensazioni o comportamenti comprovanti la medicazione della ferita psorica profonda.
CONCLUSIONI
L'obiettivo massimo di una terapia unicista, indipendentemente dall'orientamento e dalla metodologia, è dunque la prescrizione di un rimedio omeopatico costituzionale che intervenga sul terreno predisponente la malattia, caratteristico di ciascun individuo sin dalla nascita; la problematica biopsichica congenita costituisce pertanto l'ambito peculiare dell'azione del Simillimum; a questo livello di cura deve pertanto corrispondere una profonda modificazione del malessere esistenziale e dello scompenso organico del soggetto; per valutare la correttezza della prescrizione, l'omeopata deve analizzare non solo il successo clinico ma anche e soprattutto la profondità del cambiamento esistenziale promosso nel paziente.
Per valorizzare la peculiarità dell'omeopatia ed aprire un ponte di confronto con metodiche a noi affini come quelle psicoterapiche, è pertanto necessario dare nei nostri report la meritata considerazione all'evoluzione psicobioenergetica del paziente.
Il confronto tra i diversi approcci metodologici all'interno del mondo unicista richiede a mio avviso pertanto una riflessione sul concetto di guarigione. Solo definendo l'obiettivo terapeutico e collocando il nostro agire all'interno di un ben preciso livello di cura è possibile un proficuo scambio di conoscenze. Se ci confrontassimo sulla base di parametri omogenei, il dialogo sarebbe più agevole e l'evoluzione della nostra arte terapeutica ne trarrebbe enorme vantaggio.
Bibliografia
1. Hahnemann Samuel C, Organon dell'Arte di Guarire, Salus 2010
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7. Whitmont E.C. Omeopatia e Psicoanalisi, Red 1987
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