In cosa consiste la gestione del caso clinico in Omeopatia?
Categorie: Metodologia Omeopatica
Autori: Luc De Schepper
La gestione di un nuovo caso clinico per il Medico Omeopata è sempre un'operazione delicata, da effettuare con la massima attenzione. Alla luce delle indicazioni che ci ha lasciato il fondatore dell'Omeopatia, Samuel Hahnemann, nell'Organon dell'arte del guarire, vediamo in cosa consiste la presa del caso in Omeopatia attraverso un estratto del libro "La Metodologia di Hahnemann" del Dr. Luc De Schepper.
Hahnemann descrive la presa del caso omeopatico dall'83° al 104° Aforisma della 6a edizione dell'Organon. Voglio spiegarvi in tutti i particolari ciò che Hahnemann aveva inteso mostrare in questi paragrafi e come li possiamo adattare ai giorni nostri per esaminare il paziente in maniera imparziale, obiettiva e accurata.
Per l'Omeopata, i sintomi del paziente diventano un ritratto vivente dei sintomi del rimedio. Ricordate che, per la prescrizione, il nome della malattia ha un'importanza minima. Noi non abbiamo uno specifico protocollo per l'epilessia o il diabete, perché esse sono semplicemente il risultato di Miasmi cronici. Da ciò deriva l'affermazione dell'Omeopatia che proclama: "Non esistono malattie, ma solo malati".
Gestire un caso clinico non consiste solo nell'annotare i sintomi che il paziente racconta. Una delle nostre maggiori preoccupazioni è cercare di scoprire dove sta la perdita di energia. Se non tappiamo questi buchi, perdiamo la Forza Vitale, a causa di un trauma, di un'alimentazione sbagliata, di un fattore di stress persistente, di cattive abitudini, ecc. L'Omeopata deve capire perché il paziente si comporta in un certo modo. Cosa lo motiva a continuare le cattive abitudini, anche se ne è consapevole? A volte è un eccesso di ambizione, come nel caso della persona Nux vomica, che è un dirigente e ha un milione di cose da fare, non trova tempo per rilassarsi o mangiare in modo adeguato e trascura qualsiasi atteggiamento di vita equilibrata e la conseguenza di questo stile di vita può essere un'ulcera peptica. A volte è un'umiliazione, che porta ad una riduzione della fiducia in se stesso e causa una grandissima ansia da prestazione, che è comune nei pazienti Lycopodium clavatum. L'oggetto della nostra indagine è il "Non è più stato bene da ... ".
L'Omeopata deve prendere il caso con più particolari e osservazioni sensoriali di altri medici. La maggior parte di essi ha la tendenza a scartare i sintomi non comuni, come se fossero puramente immaginari, tanto più se il paziente dice: "Penso di essermi ammalato perché è morta mia madre [o ho perso il lavoro, o ho scoperto che mio marito aveva un'amante]". Eppure è questa l'essenza del caso, il "Non è più stato bene da ... ", e quindi per noi Omeopati sono i sintomi più importanti. Gli allopati fanno affidamento soprattutto sui risultati dei test diagnostici, mentre gli Omeopati su ciò che il paziente racconta della propria condizione.
Nelle cliniche omeopatiche dello scorso secolo, la prescrizione si basava unicamente sulla descrizione dei sintomi da parte del paziente e non su dati obiettivi. Non si faceva una diagnosi allopatica, a meno che la patologia non fosse così avanzata da richiedere una prognosi negativa. Il metodo era talmente efficace che si curavano malattie considerate oggi incurabili (come, per esempio, i tumori maligni e le grandi infezioni del secolo scorso).
Il successo della nostra prima prescrizione dipende in larga misura da come si gestisce il caso clinico. C'è sempre un puzzle da risolvere: più pezzi si trovano, più è facile avere un quadro generale della malattia. H.C. Allen, uno dei nostri famosi pionieri dell'Omeopatia, soleva dire che, se il caso era ben preso, la prescrizione era sicura al 90%.
Qual è l'obiettivo della visita omeopatica?
L'obiettivo di una visita omeopatica è scoprire perché l'individuo è stato colpito dalla malattia, esplorare i particolari della sua evoluzione e capire esattamente in cosa questo paziente è diverso da tutti gli altri ai quali è stata diagnosticata la stessa malattia (individualità). Il processo della presa del caso è di solito vivace ed emozionante. Ci sono persone difficili da capire, contraddittorie, strane e poco comunicative: caratteristiche che incontriamo ogni giorno nell'esercizio della nostra professione, ma dietro al quadro espressivo di ognuno c'è sempre un'unica persona. Il paziente ha una coerenza interna anche se all'inizio sembra che i pezzi non combinino.
La metà della cura consiste nell'essergli vicino, nel fare in modo che senta che tutta la nostra attenzione è concentrata su di lui. È essenziale stabilire un rapporto con il paziente. L'Omeopata deve essere comprensivo, calmo, saper ascoltare, come una lastra fotografica pronta a ricevere l'immagine del paziente, senza preoccupazioni, preconcetti o pregiudizi. Il silenzio è d'oro, specialmente all'inizio dell'indagine. È naturale che Omeopati di una certa costituzione (specialmente Phosphorus e Calcarea carbonica) ascoltino con più comprensione, ma tutti possono essere in grado di ascoltare immedesimandosi nel paziente e stabilire con lui un buon rapporto.
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