Risposta di un Farmacologo ad un documento del CICAP 'Omeopatia, farmaci senza molecole'
Categorie: Metodologia Omeopatica
Autori: Roberto Gava
Carissimo Dott. Luigi Garlaschelli,
un amico mi ha chiesto cosa ne pensavo del tuo articoletto "Omeopatia: farmaci senza molecole" che ha probabilmente trovato nel sito del CICAP.
In genere considero una perdita di tempo rispondere a queste critiche sull'Omeopatia, perché preferisco discutere essenzialmente con chi ha fatto esperienze concrete e non con chi parte solo da un ragionamento teorico, per quanto valido possa sembrare. È palese che ragionare è importante, anzi è il primo essenziale passo, ma credo che quasi sempre un'esperienza personale diretta modifichi moltie nostre congetture. Oggi però la maggioranza delle persone, forte pure delle proprie "conoscenze scientifiche", anche se necessariamente parcellari, parla abbondantemente perché crede già di sapere prima di chiedere la conferma sperimentale, e dato che ci si giustifica dicendo che non si può sperimentare tutto ma si desidera continuare a commentare tutto, capita spesso di esprimersi con i propri "pregiudizi", cioè dei veri "PRE-giudizi". Pertanto, nel Nome della Scienza e protetti da questo lasciapassare, talvolta capita di dire, scrivere o fare cose molto anti-scientifiche e quindi, almeno secondo il buon senso, spesso assurde.
Il tuo caso però è diverso, perché per attaccare il Pensiero omeopatico hai compiuto un lavoro, cioè una ricerca scrupolosa e seria e questo è già un qualcosa in più del primo passo dove di solito tutti si fermano e allora ti offro volentieri un po' del mio tempo notturno (è l'unico in cui posso dedicarmi a queste cose) per invitarti anche ad altre riflessioni lasciando ovviamente a te l'uso del tuo libero arbitrio per decidere se passare al secondo gradino della conoscenza: quello dell'esperienza personale.
Scusami se insisto, ma tu insegnerai sicuramente meglio di me che il metodo scientifico non è tale se prescinde dall'esperienza.
PRIMO PUNTO: L'UOMO NON È SOLO MATERIA
Tu sai che la materia è fatta essenzialmente di vuoto (vedi lo spazio tra nucleo ed elettroni) e di energia, perché questo "vuoto" è "pieno" di cariche e campi elettromagnetici, scambi energetici, ecc.
L'uomo, ovviamente, è tutto questo ma, come tutti gli altri esseri viventi e più ancora come "animale" è anche molto di più della materia inanimata. L'uomo, però, è qualcosa di più anche degli altri animali ... e qui entriamo nel mondo della psiche e potremmo scrivere libri su questo argomento, ma dato che molti si sbizzarriscono forse meglio di noi, è meglio soprassedere.
È palese che il problema viene ulteriormente complicato dal fatto che si dice che l'uomo è anche spirito ... "fatto ad immagine e somiglianza di Dio" (Gen 1,26) ...
In conclusione, ci troviamo ad essere fatti di materia, energia, psiche e spirito (so bene che materia ed energia sono un tutt'uno, ma concedimi qualche "licenza", non per renderti più comprensibile quello che vorrei dirti, ma solo per essere capace io stesso di trasmettertelo).
È palese che se un Medico desidera curare un uomo deve CONOSCERE tutte le sue componenti e le finalità delle stesse e deve AGIRE senza prescindere da esse (altrimenti non gli serviva conoscerle!).
Io non porterei mai il mio computer (macchina molto delicata) ad un riparatore che non conosce come sono fatti i computer o che conosce il funzionamento di solo alcune sue parti. Però l'uomo, che è infinitamente più delicato e complicato di un computer, ancor oggi viene essenzialmente approcciato in modo materialistico ... [Aspetta di star male e poi toccherai di persona i limiti di questo approccio terapeutico].
(Perdona il mio tono paternalistico, ma è ovvio che ha solo una finalità didattica, ... forse anche per altri che leggono per conoscenza questo mio scritto).
SECONDO PUNTO: L'ENERGIA INDUCE UNA REAZIONE NELL'UOMO
In questa sede ti risparmio le considerazioni MEDICHE che dovrei farti sulla psiche e sullo spirito umano, perché queste due componenti sovrintendono e condizionano la nostra materia. [Aspetta di entrare in uno stato di depressione endogena per un qualsiasi motivo di cui la vita è piena e avrai modo di fare la tua ESPERIENZA di questo ... È palese che queste mie "battute" sul tuo conto servono solo a rendere più "piacevole" la conversazione].
Ora, parliamo un po' di energia, intendendola però nel modo più esteso possibile. Concedimi qualche esempio molto semplice.
Se io dico a mio padre: "Non hai capito nulla di quella cosa", si mette a ridere sguaiatamente e, continuando a ridere, mi ripaga allo stesso modo facendo qualche battuta su di me.
Se lo dico a mia mamma, sta zitta ci pensa un po' e poi il giorno dopo riprende l'argomento per chiarirlo e dimostrarmi che ha ragione lei.
Se lo dico a mia sorella, che ha un carattere mite e crede sempre in quello che le dico, sta zitta, ci pensa alcuni giorni e poi va in crisi perché pensa che io abbia ragione.
Se lo dico all'altra mia sorella , che ha un ego più sviluppato, si arrabbia, risponde immediatamente a tono e poi si ammala perché si considera non amata, non capita, esclusa, ecc.
Se lo dico a mia zia, mi risponde immediatamente a tono e poi, quando io sono andato via, racconta a tutti che l'ho trattata male condendo la cosa con molti superlativi e giurando che la prossima volta si difenderà dicendomi questo e questo e anche quell'altro.
Se lo dico a mio zio di Milano, che si è fatto un'industria da solo partendo da zero, probabilmente mi dà immediatamente un ceffone o almeno sarà fortemente tentato a farlo.
Se lo dico a suo fratello, mio zio, che, essendo un po' pauroso, ha imparato a superare le situazioni critiche con il ragionamento e cercando di appianare tutto ... ma a suo favore, ... cercherà con calma di farmi ragionare convincendomi poi che lo stupido sono io; ovviamente senza dirmelo apertamente, anzi, facendo in modo che io giunga a questa conclusione nelle ore successive, dopo che mi sono allontanato fisicamente da lui ... fa così perché ha sempre paura delle reazioni fisiche delle persone che si arrabbiano.
(Ogni riferimento a queste persone NON è puramente casuale ... in Omeopatia siamo abituati a descrivere la cruda realtà e quindi siamo fortemente stimolati a diventare sinceri e a portare esempi reali).
Potrei continuare con questi esempi, perché ho una cinquantina di parenti e circa 4000 Pazienti, e ti dimostrerei, se tu riuscissi a giungere alla fine ancora sveglio e capace di intendere e di volere, che ognuno reagirebbe a quelle mie parole in modo diverso ... anche se le parole sono sempre le stesse.
Ovviamente, tu sai meglio di me che le parole sono energia: una energia sonora o vibrazionale che mette in movimento il timpano, induce un movimento delle ciglia dell'orecchio interno, provoca la formazione e la partenza di uno stimolo nervoso molto specifico che a sua volta il nostro cervello trascodifica in un certo modo associandogli un significato preciso, al quale poi, come abbiamo visto, reagisce in modo molto personale.
Che la reazione umana a delle semplici parole possa avere significati anche catastrofici lo vediamo tutti i giorni a livello personale e sociale ... non per niente si dice che "le parole possono uccidere più della spada" ... eppure sono solo una piccola energia.
TERZO PUNTO: IL METODO OMEOPATICO È BASATO SUL PRINCIPIO DELLA SIMILITUDINE
Questo punto è semplice perché tu sai già come si ottiene un rimedio omeopatico. Si prende una sostanza, anche quelle strane che tu hai citato nel tuo articolo (ma forse, se è vero che parole dette con una certa tonalità si sentono anche oltre un muro, potrebbe andar bene pure l'acqua che Benveniste ha "suonato" mettendola davanti ad un altoparlante ... bisogna solo dimostrarlo), la si "dinamizza" (diluizione e succussione insieme) e la si dà ad un certo numero di persone "sane" registrando tutte le variazioni che esse riscontrano (questi proving vengono oggi fatti contro placebo e in doppio cieco e danno, ovviamente non in tutti gli sperimentatori perché è necessaria una certa sensibilità per rispondere a diluizioni che oltrepassano abbondantemente il Numero di Avogadro, gli stessi effetti che ha ottenuto Hahnemann 200 anni fa). Tutto questo, però, non è considerato sufficiente dagli omeopati. Per scrivere nei libri di Materia Medica omeopatica che una sostanza dinamizzata è capace di curare un certo sintomo (che precedentemente ha causato in un individuo sano), è assolutamente necessario che quella sostanza dimostri di saper anche curare un malato portatore di quel sintomo specifico. Cioè, quella sostanza omeopatica deve aver curato inequivocabilmente più volte dei Pazienti che erano affetti da quel disturbo.
Come vedi, questa è una vera MEDICINA SPERIMENTALE e, scusa se te lo dice un Farmacologo che ha toccato con mano tutto ciò, è una Medicina che, anche dal punto di vista sperimentale (e quindi non solo da quello clinico) è molto più affascinante della Medicina Farmacologica, che è essenzialmente una Medicina Tossicologica.
Il fascino proviene dal fatto che quello che il rimedio omeopatico induce nella persona che lo assume è essenzialmente una reazione della stessa allo stimolo che ha ricevuto e quindi il Medico ricava dei messaggi che sono profondamente umani e carichi di significati anche SIMBOLICI.
Perdonami se lascio questo argomento sospeso, ma se non lo facessi dovrei stare qui ben più di tutta la notte! Ti ricordo però che questo punto è di enorme interesse e fascino e che buona parte della ricerca omeopatica attuale si sta muovendo su questo punto trovando "infinite" e continue conferme del principio di similitudine dallo studio dei rimedi omeopatici secondo le relazioni atomiche della Tavola Periodica, secondo le relazioni botaniche esistenti tra le famiglie di vegetali, secondo le relazioni istintive degli animali appartenenti alla stessa specie, ecc.
Chiudo questo argomento perché altrimenti non finisco più di parlartene. Ti confesso solo che ho lasciato la ricerca universitaria in una Clinica Medica, perché mi sono innamorato dell'Omeopatia.
Comunque, dato che tu sei un Chimico, abituato cioè a cose pratiche, concrete, e che forse apprezzi poco le Analogie, i Simboli e le Similitudini, ti descrivo rapidamente due esperienze di vita.
QUARTO PUNTO: L'OMEOPATIA VIENE CAPITA SOLO SE VIENE SPERIMENTATA
PRIMO CASO: GIANLUCA
Gianluca (17 anni) è figlio di un farmacologo omeopata, ma non conosce la Materia Medica omeopatica. In questi giorni, per motivi che ci risparmiamo, gli ho dato Lycopodium 30ch (un lichene insignificante e usato fino a pochi anni fa dall'industria farmaceutica come eccipiente INERTE delle compresse medicinali). Il licopodio-erba, infatti, nella pratica è veramente inerte, ma non lo è più, come qualsiasi altra sostanza, dopo che è stato dinamizzato.
Ebbene, dopo alcuni giorni che assumeva 2 volte/die 3 grani dell'Acqua-Lycopodium (come la chiami tu) diluita alla 10^-60, Gianluca ha avuto alcuni effetti, ma dato che erano poco significativi per me perché erano troppo deboli di intensità ed erano comparsi non subito ma dopo addirittura 3-4 giorni di somministrazioni, ho fatto la cosa più assurda che un farmacologo può fare: ho somministrato la stessa "Acqua-Lycopodium" addirittura alla 10^-400 (in pratica, ho dato Lycopodium 200ch) in dose singola, cioè una sola volta.
Il giorno dopo l'assunzione, Gianluca (ti ripeto che lui non conosce le caratteristiche di questo rimedio!), ha perso il suo abituale ottimo appetito e ha riferito la comparsa di un po' di nausea e un forte senso di pienezza e di gonfiore addominale dopo pochi bocconi, con stanchezza specialmente pomeridiana ... Questi sono sintomi per lui insoliti, ma che corrispondono esattamente al quadro di Lycopodium (sono i sintomi gastrointestinali più comuni e che tutti conoscono come caratteristici di Lycopodium).
Non gli ho dato nulla e dopo 3-4 giorni Gianluca, che da alcuni anni stava bene, ha iniziato a lamentare, senza alcun motivo scatenante e in una stagione ancora calda, un mal di gola aggravato specialmente se beveva liquidi freddi, malessere come se avesse la febbre, intensa fotofobia ma senza midriasi, cefalea localizzata alla tempia destra come se ci fosse una pressione che spinge dall'esterno verso l'interno, ... Il giorno dopo tutto questo era sparito ed era comparso dolore all'orecchio destro che dopo mezza giornata si era trasformato in fitta all'occhio destro.
Non so se tu disponi di un Repertorio omeopatico come quello che Kent ha scritto più di un secolo fa, ma se cerchi questi sintomi in un libro come quello trovi che corrispondono esattamente al quadro di Lycopodium.
Domani mattina vedrò come si sveglia Gianluca e deciderò come comportarmi, perché questa sintomatologia era caratteristica di lui vari anni fa e il rimedio gliela ha esternata proprio come la Scienza Omeopatica spiega e ha ampiamente codificato attraverso migliaia di osservazioni ambulatoriali. Il mio compito sarà quindi quello di attenermi alle precise regole, frutto dell'OSSERVAZIONE e quindi dell'ESPERIENZA, che il genio di Hahnemann ci ha lasciato e che i Maestri successivi hanno perfezionato.
SECONDO CASO: LA POLMONITE DI GIOVEDÌ SERA
(Come vedi, ti porto casi recenti, perché il mio cervello a quest'ora ha già perso la memoria passata).
Giovedì sera, verso le 21,30 ho visitato una persona in più perché sua moglie, mia paziente, era preoccupata dato che lui che da 5-6 giorni lamentava prostrazione, dolore alla schiena e sudorazione solo notturna, senza febbre. Il Medico di Famiglia, che lo aveva visitato martedì, non aveva trovato nulla di particolare e gli aveva prescritto degli esami ematochimici, una radiografia del torace e una visita cardiologica con ECG. La moglie mi disse: "Dato che Lei è cardiologo e che io mi fido di lei, vorrei tanto che facesse a mio marito la visita cardiologica richiesta dal Medico e mi dicesse cos'ha". Dato che una sudorazione solo notturna in una persona giovane che non l'ha mai avuta prima non va trascurata, decido di vederlo quella sera stessa. Dopo mezz'ora di domande e analisi particolareggiata dei sintomi, concludo per una polmonite basale sinistra e ottengo la conferma dal successivo esame obiettivo del suo corpo.
Lo rassicuro spiegandogli che il Medico di Base non è stato negligente, perché quel tipo di polmonite virale apiretica non si diagnostica facilmente all'inizio, mentre è stato più facile per me perché l'avevo visitato 3 giorni dopo il suo Medico. Gli dico di fare la radiografia e gli prescrivo Natrum sulfuricum, ma dato che a quell'ora non poteva comprarlo e che io ero incerto tra il Natrum sulfuricum e il Kali carbonicum, gli dico di prendere per quella sera un po' di Kali carbonicum 30ch perché sapevo che sua moglie lo aveva in casa.
Ti ricordo, anche se lo intuisci da solo, che Kali carbonicum 30ch è il banale carbonato di potassio diluito alla 10-60 e cioè, secondo i tuoi calcoli, un grammo di carbonato di potassio diluito in un volume di liquido pari a 714 milioni di miliardi di volte il volume del sole. Da questo volume, ho chiesto al Paziente di prendere 3 granellini, metterli in mezzo bicchiere d'acqua e berne un sorso ogni 15 minuti per 4 volte quella sera stessa e poi di berne un sorso ogni volta che si svegliava di notte, ma solo se si fosse svegliato! (Dormire è molto importante per i Malati ... ma qualche volta anche per i Medici ... nonostante l'ora attuale, resisto a scriverti solo perché amo l'Omeopatia e la Verità e so che anche tu ami quest'ultima ... l'Omeopatia la amerai quando ti deciderai a sperimentarla, invece che a chiacchierarla).
Do al mio Paziente un appuntamento telefonico per sabato mattina. Mi telefona dicendomi che giovedì notte, grazie al Kali carbonicum aveva dormito bene, non aveva sudato e si era svegliato la mattina dopo senza dolori alla schiena. Venerdì però, dato che gli avevo detto di assumere il Natrum sulphuricum, lo aveva comperato e preso come da prescrizione. Nelle prime ore del pomeriggio, tuttavia, era tornati il malessere e il dolore alla schiena, di notte aveva nuovamente sudato abbondantemente da doversi cambiare due volte e il dolore alla schiena era diventato così insopportabile che era riuscito a dormire molto poco e ora non riusciva neppure a stare seduto. Non aveva preso alcun farmaco, ma così non ce la faceva a continuare. La radiografia era prenotata per le ore 11,30.
Gli dissi di acquistare subito una dose di Kali carbonicum 200ch e di sciogliere in mezzo bicchiere d'acqua ¼ di tubetto insieme a 5 grani di Kali carbonicum 30ch, di berne un sorso ogni 20-30 minuti fino al miglioramento dei sintomi e poi ogni 2 ore. Verso le 21,00 di quello stesso giorno mi ha richiamato per darmi la risposta del radiologo (che ha confermato un addensamento alla base del polmone sinistro, proprio sopra il diaframma) e dirmi che era nettamente e prontamente migliorato grazie al Kali carbonicum: ora non aveva più dolori, si sentiva molto meglio e con più energia. Gli ho detto di continuare a prendere un sorso di quel medesimo bicchiere ogni 5-6 ore e di richiamarmi lunedì.
Lunedì sera mi ha riferito che aveva dormito bene, non aveva più avuto dolori, era stato dal suo Medico per avvisarlo dell'accaduto e questi, dopo averlo visitato e aver trovato i polmoni liberi, lo aveva pregato di ringraziarmi per quello che avevo fatto, perché lo avevo guarito senza ricorrere agli antibiotici.
Martedì mattina il Paziente è tornato a lavorare perché stava bene: si sentiva perfettamente normale.
Scusa se questa descrizione è stata un po' lunga , ma è stato un caso interessante perché fa vedere che:
- se l'omeopata sbaglia terapia non ottiene alcun effetto benefico sulla patologia;
- l'Omeopatia è capace di curare da sola una infezione importante come una polmonite con interessamento pleurico;
- l'Omeopatia ottiene l'effetto molto più rapidamente dei farmaci, ... se il rimedio omeopatico è corretto;
- in questo caso, il rimedio corretto era stato sospeso e sostituito da un altro e il Paziente era ripeggiorato, ma ridando il rimedio giusto è ritornato il beneficio e poi la guarigione. Senza farlo di proposito, in questo modo abbiamo ottenuto la conferma sperimentale che Kali carbonicum, e non l'effetto placebo, ha realmente giovato al Paziente. [Comunque, devi convenire con me che se gli omeopati riescono a guarire la polmoniti con un banale placebo, come gli altri dicono sia il prodotto omeopatico, significa che sono veramente bravi e i Pazienti ne traggono sicuramente un buon guadagno].
QUINTO PUNTO: IL PRINCIPIO DELLA SIMILITUDINE È UN PRINCIPIO NATURALE.
Sappiamo tutti che ci viene istintivo mettere qualcosa di freddo se siamo stati scottati o di mettere qualcosa di caldo se siamo stati congelati, ma questo è un trattamento sintomatico che non cura e può anche causare dei danni come accade all'individuo mezzo assiderato che beve la grappa per riscaldarsi.
Hahnemann, in un suo libro che ho tradotto ("Lo spirito della dottrina omeopatica della Medicina"), per spiegare che il principio della similitudine è insito nella Natura e quindi è anche una regola a cui deve sottostare pure l'uomo, dopo aver citato vari esempi concreti, parla così: "Una ragazza disperata per la morte di un amico, se le capita di andare in una famiglia dove dei poveri bambini seminudi hanno appena perso il padre, loro unico sostentamento economico, diventa ancora più triste assistendo a questa scena toccante ma, da questa tragedia, si consola della sua disgrazia più piccola. Quindi, la ragazza è curata nella sua disperazione per la perdita dell'amico, perché l'unità della sua mente non può essere colpita da due passioni simili nello stesso momento e perciò la prima passione deve estinguersi quando una passione simile, ma più forte, si impadronisce della sua mente e agisce (come agisce un rimedio omeopatico) facendo scomparire la prima.
Questa ragazza, invece, non sarebbe tranquillizzata e curata nella sua disperazione per la perdita dell'amico se la madre la sgridasse con rabbia (agente eterogeneo o allopatico) ma, al contrario, la sua mente sarebbe ancora più sconvolta da questo attacco di disperazione di tipo diverso. Allo stesso modo, se alla ragazza triste si offre un apparente sollievo per la sua disperazione, ma un sollievo solo palliativo (come, ad esempio, una festa allegra), una volta che ella resta sola sprofonderebbe in una tristezza ancora più profonda e piangerebbe ancora più di prima per la morte dell'amico (perché questa sarebbe solo un'affezione di carattere opposto o enantiopatico). Come si è visto ora per la 'vita psichica', lo stesso succede nel caso della 'vita organica' ...".
SESTO PUNTO: DIFFERENZE TRA FARMACOTERAPIA E OMEOPATIA
Nelle suddette poche righe, Hahnemann ha spiegato la differenza tra terapia farmacologica, che si comporta da terapia sintomatico/palliativa (o terapia enantiopatica), ma anche da agente diverso, cioè eterogeneo (o allopatico). L'Omeopatia, invece, segue la legge di similitudine, che è una legge insita nella Natura e che noi dovremmo rispettare e non ostacolare.
Infatti, è irrazionale trattare la febbre con l'antipiretico e l'infiammazione con l'anti-infiammatorio dato che sia la febbre che l'infiammazione sono degli importanti meccanismi di reazione difensiva che l'organismo attiva per combattere e arginare degli agenti patogeni.
È palese che ci possono essere delle situazioni in cui l'organismo può reagire in modo esagerato (per esempio febbre troppo alta per troppo tempo in una persona che non può tollerare temperature eccessive per pericolo di danni cerebrali o cardiocircolatori o metabolici). In questo caso, allora, serve proprio il buon senso del Medico che deve vegliare sul Paziente e, se non sa agire diversamente, quando serve, può anche utilizzare un farmaco chimico.
SETTIMO PUNTO: GUARISCE MEGLIO LA PRESUNZIONE O L'UMILTÀ?
In conclusione, anche come farmacologo, credo di poter dire che il nostro moderno approccio chimico o farmacoterapeutico alla malattia è in qualche modo paragonabile ad un atteggiamento "un po' presuntuoso", come quello di colui che ritiene il corpo della persona malata come un insieme di cellule e che senza il suo intervento esterno non potrebbe mai guarire. In questo modo, il nostro organismo viene considerato alla stregua di uno stupido che corre chissà quali pericoli senza il nostro intervento sanitario. Il Medico, pertanto, somministra al Malato un farmaco che impone al corpo di fare determinate cose: si dice che i farmaci "violentano l'organismo imponendo la loro azione farmacodinamica".
L'approccio omeopatico, invece, è totalmente opposto e simile a colui che sa perfettamente sia di sapere ben poco, sia di avere davanti a sé una persona (il Malato) che è un mistero per se stesso e allora si accosta a lui con grande umiltà, cercando di somministrare delle sostanze che hanno semplicemente l'obiettivo di stimolare o ripristinare il normale funzionamento dei meccanismi fisiologici di autoguarigione della persona, quegli stessi meccanismi che hanno protetto quest'ultima per tanto tempo, ma che ora, per qualche fattore perturbante, non rispondono in modo ottimale.
Il Paziente precedente affetto da polmonite è stata curato con una sostanza totalmente priva di effetti antimicrobici o antivirali sia in dosi ponderali sia, a maggior ragione, a diluizioni altissime che superano enormemente il numero di Avogadro. Il Kali carbonicum non era certamente capace di uccidere i microrganismi patogeni, ma in quel caso era il rimedio giusto per attivare quei meccanismi endogeni che, in condizioni normali, sanno perfettamente difendersi da virus, batteri, funghi, cellule tumorali ecc., ma che in quel periodo e in quel paziente, per motivi a noi ignoti, non erano stati attivati.
Pertanto, credo sia necessario che ogni persona che desidera studiare o curare un uomo si accosti a questi con grande umiltà e credo che anche noi due, se siamo veramente convinti di non avere il possesso della conoscenza ma solo di una piccola parte di essa, dovremmo procedere con più attenzione quando deduciamo o interpretiamo i fatti, specialmente se sono realtà che non abbiamo ancora pienamente sperimentato di persona.
Chi crede di sapere dimostra solo presunzione e ignoranza, mentre mi pare che Seneca insegnasse che saggio è solo colui che si comporta interiormente come se sapesse di non sapere.
* * *
Infine, a parte tutto questo, dato che a te piacciono gli "inviti espliciti, anzi le sfide", quand'è che provi a studiare seriamente l'Omeopatia e poi a fare qualche vera sperimentazione?
Noi omeopati abbiamo sicuramente bisogno di un Chimico come te oggettivo e razionale che cerca obiettivamente la Verità. Se non altro, potresti poi avere delle motivazioni un po' più valide di quelle che hai addotto per criticare veramente l'Omeopatia. Ovviamente non lo faresti per l'Omeopatia, ma per il trionfo della verità.
La mia è palesemente una sfida alla tua sfida, perché penso che, in genere, chi è bravo a sfidare è bravo anche a raccogliere le sfide altrui.
Ti ringrazio di cuore per tutto quello che farai.
POST SCRIPTUM
Il Dott. Luigi Garlaschelli non ha mai risposto a questa mia lettera.
Ecco l'articolo del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), scritto dal suo rappresentante chimico Dott. Luigi Garlaschelli, pubblicato in: La Chimica e l'Industria (81); 1023, 1999.
OMEOPATIA, FARMACI SENZA MOLECOLE
Come un'anziana e dignitosissima vecchia signora, l'omeopatia se ne sta tra la pletora delle sue nipotine, le deliranti terapie alternative New Age, forte del prestigio di quasi duecento anni di vita. Verrebbe da dire "forte di duecento anni di onorata attività", se non fosse che la sua esistenza è stata fin dall'inizio, e continua ad essere, molto contestata.
È bensì vero che preparati omeopatici vengono prescritti da medici, ma è anche vero che questa strana disciplina non si insegna nei corsi universitari. È vero che i preparati omeopatici si vendono solo in farmacia, ma non contengono alcuna molecola farmacologicamente attiva. E vengono denominati farmaci ma - unici tra tutti gli altri cui vorrebbero somigliare - non possono essere reclamizzati, e non recano la composizione. Devono invece recare la scritta "medicinale omeopatico, perciò senza indicazioni terapeuticamente approvate" [1].
PRIMA DI AVOGADRO
L'omeopatia deve la sua nascita al medico tedesco Samuel Hahnemann (1755-1843), il quale, traducendo un'opera del medico e chimico scozzese William Cullen, è colpito da ciò che legge sulle proprietà della corteccia di China, importata dal Perù il secolo precedente e presentata - giustamente - come arma eccellente contro le febbri malariche.
Hahnemann nota che la china provoca nella persona sana un attacco di febbre come quello che combatte nella persona malata. Da questo fatto nasce la sua grande intuizione: con un assunto tutto da dimostrare, egli afferma che la corteccia di china "usata contro la febbre intermittente agisce perché può produrre nella persona sana sintomi simili a quelli della febbre intermittente". Egli la riprova a dosi maggiori per vari giorni: fino a quattro dracme due volte al giorno (12 grammi!). Ogni volta ha freddo, stanchezza, sonnolenza, palpitazioni, ansia calore, sete, poi ritorno alla normalità. Prova su di sè altre sostanze: arsenico, digitale, belladonna (dà febbre e mal di testa e arrossa la pelle, quindi cura la scarlattina), mercurio (dà "febbre mercuriale", e quindi cura la sifilide). Nelle sue parole:
"Tra le medicine ... quella che nei suoi sintomi conosciuti sarà più simile alla totalità dei sintomi di una data malattia naturale sarà per essa il rimedio omeopatico più adatto e più giusto. In essa si sarà ritrovato lo specifico di quella data malattia" [2].
Le teorie di Hahnemann nascono in un'epoca in cui la medicina, soprattutto la terapia e la farmacologia, stavano muovendo i primi passi seguendo un metodo più rigoroso. Ma erano ancora comuni salassi, purganti, abluzioni, clisteri, sanguisughe, coppette. La prima vaccinazione era avvenuta quindici anni prima, la microbiologia stava nascendo allora, alle esperienze di Pasteur mancavano ancora 40 anni. E in effetti agli occhi di Hanehmann, poteva esserci una somiglianza tra il principio della vaccinazione, e quello da lui proposto (il simile cura il simile).
Ancora si proponevano i "sistemi medici", soprasemplificazioni dell'enorme complessità degli organismi. Come Ippocrate aveva elencato i temperamenti bilioso, sanguigno, nervoso, e linfatico, così anche Hahnemann (Le malattie croniche, 1828) sostiene la teoria dei 4 miasmi, disordini dell'intero organismo in cui incasellare ogni malattia, e i cui nomi rivelano cultura e credenze dell'epoca: Psora (malattia della pelle, simile alla scabbia), Sicosi (ritenzione o perdita idrica) Luenismo, Tubercolinismo. Questa parte dell'opera di Hahnemann è oggi riveduta e corretta, ma più spesso dimenticata, dai suoi moderni seguaci.
Formulato il suo primo principio, Hahnemann sembra capire che non può curare i pazienti somministrando loro i vari rimedi in altissime dosi al limite della tossicità acuta. Afferma così che la guarigione arriva dopo un peggioramento iniziale; ma la cura è attiva anche a dosi sempre più basse, e la dose utile è quella che provoca un peggioramento iniziale appena percepibile. Ecco dunque la necessità di operare delle diluizioni sulle "tinture madri" iniziali: diluirle molto, moltissimo.
Il suo tipico procedimento consisteva nel prendere una parte della "tintura" "iniziale, di solito un estratto idroalcoolico, portarla a 100 parti con acqua, agitare due volte, ottenendo la prima diluizione centesimale" (1CH) [3]. Di questa si prende ancora una parte, la si diluisce a 100 (agitando) ottenendo la seconda centesimale (2CH), e così via fino alla decima, ventesima, trentesima centesimale (30CH), diluizione ancora oggi usatissima. Il numero di volte che si doveva agitare il boccettino (verticalmente!) fu poi standardizzato a 100 "succussioni".
Occorre riflettere un attimo sulle implicazioni di questi principi.
DOPO AVOGADRO
Nel 1810, quando Hahnemann scrive l'Organon della Scienza Medica razionale, nessuno aveva idee chiare sui concetti di atomo e molecola; il principio di Avogadro, formulato in sordina per la prima volta nel 1811, fu accettato universalmente solo nel 1860 (Karlsruhe, primo congresso chimico internazionale). Ora si sa che una grammomolecola di qualunque sostanza contiene un numero di Avogadro N di molecole, pari a 6.022x1023.
È facile fare qualche calcolo; consideriamo per semplicità una sostanza con peso molecolare pari a 100 (per es. CaCO3). Un grammo di essa in 100 mL di soluzione (quindi alla 1CH) contiene 6.022x1021 molecole. Una diluizione 2CH conterrà 10-2 grammi e 6.022x1019 molecole. Una diluizione 11CH conterrà 10-20 grammi e 6.022x10 molecole.
Una diluizione 12CH (attenzione!) conterrà 10-22 grammi e 0.6022 molecole. Nei 100 mL non resta nemmeno una molecola. Se ora si continua (fino alla 30CH e oltre) si diluirà dell'acqua con altra acqua.
Poichè riesce difficile comprendere quanto velocemente aumentino le potenze di dieci, ci si può anche sbizzarrire in calcoli leggermente diversi. Per esempio, una 30CH equivale a diluire il grammo di sostanza iniziale in un volume di liquido pari a 714 milioni di miliardi di volte il volume del sole.
Se Hahnemann poteva essere scusato, oggi ciò non è più possibile, e dunque si può affermare senza tema di essere smentiti che i preparati omeopatici sono costituiti da acqua fresca.
Ma si impongono altre considerazioni. In primo luogo, anche la similitudine col principio dei vaccini (spesso ancora invocata) appare assurda. In un vaccino si forniscono all'organismo dosi piccole ma ponderabili di sostanze che stimolano il sistema immunitario. In un preparato omeopatico si dà, ripetiamo, acqua pura. Si devono ovviamente ricordare i concetti di dose terapeutica, dose tossica, e intervallo terapeutico. Ogni sostanza, dal sale da cucina alla penicillina, ha dosi alle quali è del tutto inefficace, altre alle quali è biologicamente attiva, altre a cui gli effetti collaterali sono predominanti e può diventare anche tossica. Anche Paracelso già affermava "è la dose che fa il veleno". [4] Per i preparati omeopatici, la quantità di sostanza contenuta (anche alle diluizioni "al di sotto del numero di Avogadro") non può - per legge - superare 1/100 della minima dose farmacologicamente attiva secondo la farmacopea medica.
Dunque l'omeopatia va contro tutte le basi molecolari della moderna farmacologia: senza una molecola e un recettore nell'organismo, non si dà azione farmacologica. Se l'omeopatia dovesse funzionare, sarebbe grazie a qualche altro principio ancora sconosciuto alla scienza.
AGITAZIONI, SUCCUSSIONI, ENERGIE, MEMORIA
Tornando alle "succussioni" delle boccettine tra una diluizione e l'altra, forse Hahnemann le effettuava semplicemente per essere certo di avere ben disciolto e mescolato le sue sostanze. Ora che si sa che non vi è nulla da diluire, risulta difficile capire come mai questo passaggio venga mantenuto. Le succussioni vengono anche denominate dagli omeopati "dinamizzazioni", ed "energizzazioni" e si afferma che esse siano essenziali all'instaurarsi dell'efficacia della sostanza diluita. Le spiegazioni diventano fumose e diverse a seconda degli autori.
"Alla luce delle teorie della fisica moderna, il metodo della succussione provoca la liberazione dell'energia di un farmaco. L'intuizione di Hahnemann concorda con il concetto di radiazione di Planck-Einstein: un frammento di materia, quando viene bombardato da una fonte esterna di energia, emette energia" [5 ].
"Poichè le diluizioni devono essere accompagnate da vigorosa agitazione per osservarne gli effetti, la trasmissione dell'informazione biologica potrebbe essere correlata all'organizzazione molecolare dell'acqua" [6].
È, quest'ultima, la famosa teoria della "memoria dell'acqua" su cui torneremo tra poco. Sorgono però subito spontanee alcune ingenue domande: se è la diluizione a provocare l'attività, come mai tale attività non acquistano, da un certo punto in poi, anche le impurezze? Se invece la sola sostanza che viene attivata è quella presente all'inizio in alte dosi, come mai il procedimento funzionerebbe anche per le sostanze insolubili in acqua (o alcool) che inizialmente sono diluite per rimescolamento con lattosio in polvere fino alla 3CH? Esiste dunque anche una "memoria del lattosio"?
RIMEDI E PATOGENESI
Nel 1821 Hahnemann pubblica la sua Materia Medica, un elenco di circa 100 rimedi che curerebbero le malattie di cui, come si ricorderà, riproducono i sintomi se assunti in alte dosi da persone sane. L'individuazione di queste correlazioni costituisce lo studio della patogenesi in omeopatia. Il numero di questi rimedi salì rapidamente e nei volumi della Materia Medica a cura di Constantine Hering se ne elencano 1500. Si tratta di minerali, estratti vegetali, animali e anche prodotti chimici. Alcuni (non più molto usati) erano assai curiosi: Mustela foetida (estratto di ghiandola anale di puzzola), Periplaneta americana (scarafaggio americano), Pediculus capitis (pidocchio dei capelli), Cuprum metallicum (rame metallico), Pulex felis (pulce di gatto). I bioterapici (ora vietati) derivavano da materiale biologico (per es. saliva di malati di morbillo, ecc.)
Si noterà come, in base al principio che "il simile cura il simile", si prescriverà per es. (alle opportune "diluizioni") caffeina per curare l'insonnia, estratto di api contro le infiammazioni cutanee, ecc. Resta, naturalmente, la curiosità del profano di sapere come viene determinata la patogenesi del Pediculus capitis. Un problema è che alcuni di questi studi vengono effettuati con sostanze diluite, così che i sintomi non sono di facile individuazione. Esperimenti condotti anche da omeopati (Wesselhoeft, Seidlitz, Hoff, Donner, Pirtiken, Campbell) [7] dimostrarono che anche pastiglie inerti (placebo) generavano centinaia di sintomi.
FARMACOLOGIA CLINICA
Il semplicissimo concetto che qualunque terapia dovrebbe dimostrare la propria efficacia in modo convincente non è semplice come appare. I sistemi viventi sono implicitamente complicati e "sporchi": il funzionamento di una cellula è infinitamente più complesso di quello di una centrale nucleare. Terapie dannose o, al più, inutili come salassi e purghe sono state impiegate per secoli. È oggettivamente difficile stabilire chiare correlazioni di causa-effetto tra un farmaco e le risposte dell'organismo. Le variazioni di risposta individuali richiedono sofisticate analisi statistiche. Vi è anche una naturale tendenza di alcune affezioni a regredire spontaneamente, o ad avere periodi di remissione. La suggestione indotta nel paziente da qualunque atto terapeutico in cui egli creda, nonchè l' "effetto sperimentatore" nei medici, rendono necessari trials "in doppio cieco": né medici nè pazienti devono sapere qual è il gruppo di trattati, qual è il gruppo che assume un placebo, e qual è il gruppo di controllo. La formulazione di buone norme di farmacologia clinica è più recente di quanto si pensi, e la sua applicazione risale praticamente a questo dopoguerra. [8] E fino a non molto tempo fa era presente in farmacia una pletora di farmaci inutili, talvolta sulla base di affrettate prove farmacologiche effettuate dalle case produttrici, e di sommari pareri di efficacia ottenuti tramite prove di dubbio rigore. Che le osservazioni personali o i casi aneddotici non possano sostituire trials in doppio cieco, randomizzato, multicentrico, ed eseguito su grandi numeri di pazienti, dovrebbero essere concetti risaputi; la recente vicenda della terapia Di Bella ha purtroppo mostrato che essi non sono affatto entrati nella mentalità corrente.
Praticamente fin dal suo primo apparire, l'omeopatia generò appassionata fede (nei delusi dalla medicina "ufficiale") ma anche scetticismo in chi non credeva che soluzioni di acqua diluita con acqua potessero avere efficacia terapeutica. Sono ricordati molti test che oggi sarebbero detti di farmacologia clinica: Stapf e Wislicenus (1821), Marenzeller (1828), de Horatiis (1829), Pointe (1830), Attomyr (1831) Hermann (1832) Curie e Simon (1833) Andral e Trousseau (1834) ecc. Nessuno di questi primi test clinici, che tentavano di non basarsi sull'evidenza aneddotica e personale dei singoli medici, diede risultati chiaramente positivi o comunque convincenti. Essi possedevano vari difetti metodologici: piccoli numeri di pazienti, mancanza di doppio cieco, di placebo e di gruppi di controllo come confronto. Alcuni risultati in favore dell'omeopatia (come durante le epidemie di colera nel 1831 e 1854) furono criticati facendo notare che se guarivano più malati trattati con rimedi omeopatici, è solo perché a questi, almeno, in pratica non si somministrava nulla, mentre la brutale terapia standard di allora per il colera prevedeva per il malato bagni in acqua bollente e ripetuta induzione del vomito. Si noti, per contro, che terapie i cui effetti erano di grande efficacia (vaccinazioni, aspirina ...) si imposero comunque subito.
Anche in epoche più recenti (1937-39) in Germania il Reichsgesundheitsamst (ministero della sanità) condusse una serie di prove sull'omeopatia con risultati negativi.
Ma anche gli studi omeopatici ormai si stanno adeguando e col tempo si è accumulato, soprattutto su pubblicazioni del settore, un certo numero di test clinico-farmacologici. Anche riviste importanti, a causa dell'attuale diffondersi di varie terapie "alternative", hanno affrontato il tema dell'efficacia dell'omeopatia. Due pubblicazioni in particolare vengono regolarmente addotte dai credenti nell'omeopatia come la prova che anche la scienza "ufficiale" ha riconosciuto le dottrine di Hahnemann. Di queste rassegne si è parlato più ampiamente anche in questa stessa rivista. [9] Basta ora ricordare che le loro conclusioni in realtà sono piuttosto deludenti. La prima, sul British Medical Journal del 1991, è una rassegna di 107 studi clinici. [10] Essa conclude che:
Per il momento le evidenze dei test clinici sono positive, ma non sufficienti a trarre conclusioni definitive, perché la maggior parte dei test sono di bassa qualità metodologica, e a causa del ruolo sconosciuto dei bias di pubblicazione. Ciò indica che vi sono valide ragioni per ulteriori valutazioni ma solo tramite trials ben condotti."
Pare di capire che potrebbero essere stati finora pubblicati preferenzialmente i test che hanno fornito risultati positivi, e comunque anche questi sono di qualità scadente.
Il secondo lavoro è ancora una meta-analisi pubblicata sul The Lancet. [11] Il principale autore dello studio è il dottor Wayne B. Jonas, omeopata e direttore dell'Office of Alternative Medicine del National Institute of Health Americano. [12] Anche qui le conclusioni sono che i risultati della nostra meta-analisi non sono compatibili con l'ipotesi che gli effetti clinici dell'omeopatia siano dovuti completamente all'effetto placebo. Ma vi è insufficiente evidenza da questi studi che ognuno dei singoli trattamenti sia chiaramente efficace in una qualunque condizione clinica.
Se si tiene conto del fatto che questa affermazione è basata sull'esame di tutti gli studi clinici pubblicati, in gran parte organizzati da medici omeopati e dichiaratamente eseguiti per convalidare la teoria omeopatica, non si può sfuggire alla conclusione che nessun rimedio omeopatico finora studiato è utilizzabile come farmaco. Altre critiche hanno riguardato la valutazione dei risultati (ad es. uno degli studi giudicati più favorevoli fu condotto su soli 28 pazienti, e solo due parametri su undici misurati avevano dato differenze significative. La maggior differenza riscontrata, cioè l'auto-valutazione del benessere, era essenzialmente dovuta ad un peggioramento delle condizioni di quattro pazienti con placebo).
Un'altra critica è che una meta-analisi, [13] cioè la valutazione statistica complessiva dei risultati di una serie di esperimenti clinici, ha senso solo se gli esperimenti sono omogenei, cioè riguardano l'efficacia di un determinato farmaco nel trattamento di una determinata patologia. Non ha alcun senso fare la media tra risultati ottenuti con cinquanta diversi prodotti provati su una settantina di diverse malattie distribuite in ventiquattro categorie cliniche.
Un altro aspetto rilevante è quello della riproducibilità dei risultati. Quattro studi (tre dei quali valutati di qualità mediocre dagli autori della meta-analisi) avevano dato risultati variabili, ma tendenzialmente favorevoli al trattamento omeopatico, nel decorso post-operatorio degli interventi all'ileo. Il trattamento era essenzialmente a base di oppio a diverse diluizioni omeopatiche. Per dirimere la questione, il Ministro degli Affari Sociali francese istituì una commissione mista di medici omeopati e convenzionali per organizzare
un esperimento molto rigoroso, condotto su trecento pazienti. Il risultato [14] dimostrò molto chiaramente che non vi era alcuna differenza tra placebo e trattamento con oppio o oppio più rafano, naturalmente diluiti secondo i canoni omeopatici.
PROVE IN VITRO E CHIMICO-FISICHE
La scarsa, per non dire nulla, riproducibilità dei risultati in vivo che, come abbiamo visto, sembra avvenire quando si applicano procedure più rigorose e attendibili ha spinto i ricercatori in omeopatia a mettere a punto test di laboratorio (su animali, cellule viventi o strumentali) [15] che essendo meglio controllabili dovrebbero essere anche più affidabili.
Il caso che fece più scalpore e che ancora si ricorda fu quello di Jacques Benveniste e della sua équipe. Immunologo di fama, direttore di un centro del INSERM francese, Benveniste (che fin dall'inizio della quérelle sostenne la parte del genio incompreso e discriminato) affermava di aver verificato l'efficacia di un antisiero (diluito alla 10-120 M !) in una reazione immunologica in vitro. La famosa rivista Nature accettò di pubblicare il lavoro [6], con un editoriale che ne prendeva le distanze e a patto che l'esperimento fosse poi ripetuto davanti a una commissione. La ripetizione, in doppio cieco e con varie misure di sicurezza, fu un fiasco totale [16].
Anche ripetizioni in altri laboratori non produssero alcuna conferma.
La rivista francese Science et Vie fece ripetere l'esperimento di Benveniste all'ospedale Rotschild di Parigi, con risultati negativi.
Benveniste in persona poi trascorse un anno presso la École de Physique e de Chimie col prof. Georges Charpak, Nobel per la fisica, che era curioso di verificare; ancora risultati negativi. Charpak disse: "I controlli effettuati presso i nostri laboratori sono stati uno scacco costante. Non è stato visto alcun effetto" [17].
È importante notare due cose: in primo luogo che, per il prestigio dell'autore e l'impegno scientifico, questo avrebbe dovuto costituire l'experimentum crucis, il migliore disponibile per provare la realtà dell'efficacia di un preparato omeopatico. In secondo luogo, senza una verifica in laboratorio, sulla carta il lavoro poteva essere giudicato di ottima qualità.
In testi di omeopatia, gli esperimenti di Benveniste vengono talvolta ancora citati come prova a favore. Nel frattempo anche altri ricercatori (di Università ed enti pubblici) sostengono, con vivacità ed evidente buona fede, di poter fornire nuove dimostrazioni inconfutabili. Un esperimento sul quale anche in seguito si è puntato molto fu condotto su dei topi, che sarebbero protetti da degenerazioni tumorali indotte del fegato grazie a fosforo diluito omeopaticamente[18]. Altri filoni si addentrano nelle intricatezze della chimica fisica dell'acqua [19]; per esempio, si distinguerebbe acqua che ha contenuto un rimedio omeopatico da acqua normale grazie a misure di microcalorimetria miscelandole con soluzioni di acidi, o basi [20].
Non si vuole ora discettare sugli innumerevoli problemi etici, filosofici o politici collegati alla cosiddetta "libertà terapeutica"; né se e come si possa credere a qualcosa in mancanza di prove convincenti; né se la scienza sia dogmatica, o utilmente scettica; né se esistano teorie che, sulla carta, spieghino l'omeopatia; né se siano possibili abbagli in buona fede. Forse molti chimici, banalmente, vorrebbero che gli omeopati mostrassero finalmente un esperimento ripetibile, almeno uno, grazie al quale si possa distinguere - in qualunque modo - acqua normale da acqua "omeopatica". È un esplicito invito. Anzi: una sfida.
Luigi Garlaschelli
Chimico, Università di Pavia
Resp. Sperimentazioni CICAP
BIBLIOGRAFIA E NOTE
[ 2 ] S. Hahnemann "Organon dell'arte del guarire" (1810). Trad. it. Edizioni Red, Como
[ 3 ]Esistono anche le diluizioni decimali (D ) e le Korsakoviane ( K ): in queste la boccetta della tintura madre viene capovolta e svuotata per scolamento. Poi la si rabbocca con acqua e si agita, diluendo il sottile velo liquido aderente alle pareti del recipiente. Il processo, come per le altre diluizioni, viene ormai effettuato automaticamente. In questo caso da un apparecchio che in pratica è un lavaprovette.
[ 4 ]Tra i veleni più potenti, ecco alcuni dati: si ammazza una persona con 100 mg di cianuro, 50 mg di metilmercurio, 1 mg di gas nervino (Sarin, Tabun), 0,1 mg di biotossine (tetano, a-bungarotossina, botulino), 0.01 mg di plutonio 239 o radio 226)
[ 5 ] Franco Ferrari " I sotterranei della medicina" Tattilo Ed., (1974) p. 16
[ 6 ] Jacques Benveniste e al. "Human Basophil Degranulation Triggered by Very Diluted Antiserum Against IgE". Nature, 333, 816 (1988)
[ 7 ] Stefano Cagliano "Guarire dall'Omeopatia". Marsilio, 1997, pp.96-99
[ 8 ] C. Haimann "Per una medicina basata sulle prove" . Tempo Medico, 20 gennaio 1999, p. 10
[ 9 ] G. Lancini "Sperimentazione clinica, omeopatia e meta-analisi" La Chimica e l'Industria, 80, 841 (1998)
v. anche La Chimica e l'Industria, 80, 153 (1998)
[10] J. Kleijnen, P. Knipschild, G. ter Riet. "Clinical trials of homeopathy" Brit. Med. J. 302, 1, 1991
[11] W. B. Jonas e al. "Are the clinical effects of homeopathy placebo effects? A meta-analysis of placebo-controlled trials" The Lancet, 350, 20 sett. 1997, p.834-43
[12] Per una storia dettagliata del contestatissimo O.A.M. si veda il recente articolo di L. Ember "Alternative Medicine Goes Mainstream" Chem. Eng. News, dic. 7, 1988, pp. 14-21. Con gli attuali 50 milioni di dollari di budget,, l'O.A.M. sarà presto in grado di effettuare anche direttamente prove cliniche.
[13] Sulle meta-analisi v. Tempo Medico, 5 nov. 1997, p. 2; v. anche V. Bertelé e S. Garattini "Valutare l'efficacia dei farmaci" Quaderno Le Scienze, n. 102, p.70-79 (giugno 1998).
[14] M. J. Mayaux, M. L. Guihard-Moscato et al. Lancet, 5 Marzo 1988, pp. 528-529
[15] P. Bellavite, A. Signorini. "Fondamenti teorici e sperimentali della medicina omeopatica" IPSA Ed., 1992 (Cap.4)
[16] J. Maddox, J. Randi e W Stuart "High Dilution Experiment a Delusion" Nature, 334, 287 (1988)
[17] Benveniste ora si occupa anche di trasmissione di informazioni elettromagnetiche: si pone una specie di bobina attorno al recipiente di un preparato omeopatico, se ne registra "la frequenza", la si registra su file, lo si trasmette via internet, e chi lo riceve lo "suona" ponendo davanti all'altoparlante della scheda sonora un recipiente con acqua normale. Di colpo essa assume le caratteristiche del rimedio omeopatico remoto. (http://www.digibio. com)
Benveniste ha vinto due volte (1988 e 1998) l'ironico premio IgNobel (assegnato agli scienziati "le cui ricerche non possono o non devono essere riprodotte")
[18] Bildet et al. "Étude au microscope électronique de l'action de diluition de phosphorus 15CH sur l'hepatite toxique du rat" Homéopathie Francaise 72, 211 (1984).P. Mattoli (Istituto di Biochimica della Facolta' di Medicina/Farmacia dell'Universita' di Perugia), comunicazione personale, 3-5-1998
[19] G. Preparata, E. Del Giudice, F.Zuccarelli. "Proprietà anomale dell'acqua alla base dell'omeopatia". Seminari tenuti il 21 febbraio 1998 presso l'aula di radiologia del I Policlinico di Napoli.
[20] V. Elia "Esiste la memoria dell'acqua? Uno studio termodinamico sulle soluzioni estremamente diluite della farmacopea omeopatica". Seminario tenuto a Napoli il 25 marzo 1999.
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