Quali sono i criteri per scegliere la giusta potenza omeopatica?
Categorie: Metodologia Omeopatica
Autori: Douglas Borland
Le domande che nascono quando si approccia per la prima volta una Medicina come l'Omeopatia sono molteplici, così come gli scogli e le difficoltà che naturalmente si incontrano. L'atteggiamento migliore è considerare ogni singola criticità che ci viene posta davanti come una sfida per affinare il modo in cui usiamo l'Omeopatia, senza dimenticare che abbiamo dei validi aiuti, ovvero gli insegnamenti dei Medici Omeopati che, prima di noi, hanno sperimentato questa tecnica terapeutica e ci hanno lasciato una traccia utile per la creazione di una metodologia omeopatica solida ed efficace.
Una delle prime difficoltà che si incontrano nell'usare l'Omeopatia è decidere quale sia la potenza migliore del rimedio da somministrare. Vediamo dunque come risponde a questo quesito il Dr. Douglas Borland nel suo libro "Omeopatia nella Teoria e nella Pratica".
La prima e più importante regola è la gravità della condizione patologica da cui il Paziente è affetto nei casi più cronici. Quando c'è un pericolo che può derivare da un qualsiasi processo reattivo scatenato dal rimedio, è consigliabile cominciare il trattamento con una delle potenze più basse tra le medie, cioè la 12 o la 30ch.
Un secondo esempio in cui la somministrazione delle più alte potenze è sconsigliabile, sebbene forse non pericolosa, è quello in cui si sta trattando un Paziente molto sensibile, altamente sollecitabile e al limite dell'equilibrio. In un simile caso, la somministrazione di un'alta potenza produce una reazione molto marcata che non è necessariamente dolorosa, ma dalla quale il Paziente può impiegare settimane o mesi a riprendersi. Se in un caso simile si inizia con una potenza medio-bassa (nella mia esperienza una 30ch è perfettamente sicura) si evitano queste reazioni non necessarie e molto indesiderabili e si attiva subito il processo di guarigione.
Una condizione opposta a questa è quella in cui si sta trattando un Paziente letargico, flemmatico, con un tempo di reazione lungo, poiché in questi casi si trova che le basse potenze producono uno scarso o nessun effetto e che soltanto le potenze più alte producono una soddisfacente reazione curativa.
Ma c'è un'altra regola riguardo alla potenza più efficace da somministrare: è l'acuzie della patologia di cui il Paziente soffre. In questo caso, può essere considerata una norma efficace della pratica clinica quella che quanto più acuta è la patologia, tanto più alta dovrebbe essere la potenza che viene somministrata. Per esperienza, posso dire che tale norma è di applicazione universale e avviso che questa mia opinione non è basata sulla teoria, ma su una reale e personale esperienza pratica.
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